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Licenziamento Delio Rossi, la Fiorentina vince la causa

Ecco le motivazioni della sentenza depositata ieri: “Violate le norme di comportamento di un allenatore”

Redazione VN

Quelle immagini dell’allenatore della Fiorentina mentre prende a pugni in panchina Adem Ljajic appena sostituito, hanno fatto il giro del mondo. Era il 2 maggio 2012, trentunesimo del primo tempo, i viola stavano perdendo 2-0 al Franchi contro il Novara (finì’ 2-2 con doppietta di Montolivo). Una settimana dopo Delio Rossi venne licenziato per giusta causa e qualche mese dopo quella vicenda è approdata davanti al tribunale del lavoro. È stato proprio Rossi a impugnare il provvedimento della Fiorentina chiedendo anche un risarcimento non solo per il mancato guadagno ma anche per il pregiudizio alla sua immagine. La Fiorentina, a sua volta, assistita dagli avvocati Andrea Del Re e Lorenzo Baldry, ha chiesto i danni per aver leso il prestigio e il buon nome della società.

Ieri il giudice Nicoletta Taiti ha depositato la sentenza che dà ragione alla Fiorentina, escludendo però risarcimenti da una parte e dall’altra: Rossi non verrà reintegrato, fu giusta la causa di quel licenziamento, essendo venuto meno il rapporto fiduciario: «Quanto accaduto nel corso di quella partita — scrive il giudice — costituisce un episodio grave, forse un unicum nel panorama del calcio professionistico italiano (seppur sovente teatro di episodi non edificanti)». Il giudice elenca poi le mansioni dell’allenatore così come descritte dal regolamento Figc per sottolineare come non vi sia una sola norma che «non sia stata violata dal comportamento» di Rossi: tutelare e valorizzare il potenziale atletico della società, curare la formazione tecnica e le condizioni fisiche dei calciatori, promuovere tra i calciatori la conoscenza delle norme regolamentari, tecniche e sanitarie, disciplinare la condotta morale e sportiva dei calciatori. «Di fronte a ciò — prosegue il giudice — i requisiti minimi indispensabili per la prosecuzione del rapporto di lavoro, in primis la stima e la fiducia nell’operato di un soggetto tecnicamente e pedagogicamente responsabile della guida di una squadra, non possono che essere venuti meno». Quella della Fiorentina — conclude il giudice — era l’unica strada percorribile, «vista anche la possibile compromissione della sua autorità all’interno dello spogliatoio».

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Antonella Mollica - Corriere Fiorentino