Su Viola Week, inserto settimanale de La Nazione dedicato alla Fiorentina, troviamo un'intervista all'ex viola Mario Mazzoni: "Conoscevo tutti i ragazzi perché li avevo allenati in Primavera, alcuni anche da Juniores. Educazione, rispetto e conoscenza tecnica erano le basi del mio rapporto. E sapevo che non tutti erano uguali, non potevo trattarli allo stesso modo e dovevo cercare di tirare fuori il meglio da ciascuno. Il carattere, la determinazione erano gli indicatori che mi facevano capire che era arrivato il momento giusto".
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L’ex viola Mazzoni: “Così lanciai Caso, Roggi e Antognoni”
"Il preferito resta Andrea Orlandini. Merlo il mio bambino"
La Fiorentina all’epoca aveva il miglior settore giovanile d’Italia. Liedholm nel giro di un mese, fra ottobre e novembre 1972, fece esordire tre diciottenni: Antognoni, Caso e Roggi.
«Il settore giovanile ha un senso solo se crea giocatori per la prima squadra e la Fiorentina è riuscita per tanti anni in questa impresa. Gli allenatori si fidavano di me, Liedholm in particolare. Solo con lui sono andato in panchina poi smisi dopo un litigio per colpa di Perego. Lui lo faceva giocare e io mi arrabbiavo perché per me toglieva il posto ad altri più in forma. Scherzava spesso e il sabato mi chiedeva: Mario, domani chi fai giocare? Fu lui a far esordire anche Orlandini. Io lo avevo avuto in Primavera poi era stato mandato in C e stava per essere di nuovo dato in prestito. A Liedholm spiegai che c’era un ragazzo che poteva stare nel nostro gruppo e Nils mi chiese di organizzare una partita per vederlo. Hai ragione Mario, mi disse, Orlandini resta con la prima squadra".
Chi è il giocatore al quale si sente più legato?
"Andrea Orlandini è stato come un figlio. In Primavera per stimolarlo gli dicevo: ‘Attento Birillo (il suo soprannome, ndr), la prossima partita ti tocca un avversario fortissimo. Lui giocava alla grande e a fine gara mi diceva: ‘Come si chiamava quello forte che dovevo marcare?’. Una volta giocammo contro la Juventus e lui annullò il suo avversario, temutissimo. Tornò negli spogliatoi con il pallone in mano e mi disse: ‘Mister, glielo porti a far vedere perché non l’ha mai toccato’. Ho un grande rapporto anche con Merlo: lo chiamo il mio bambino. E pure Guerini ed Ennio Pellegrini sono molto legati a me".
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