Negli ultimi tempi hanno ripreso in mano il «dossier Monaco». Polizie europee, intelligence, esperti di sicurezza. Non cercano informazioni. Tutti sanno cosa accadde: 1972, Olimpiadi in Germania Ovest, un commando palestinese di Settembre Nero entra negli alloggi degli atleti israeliani. Una giornata di negoziati finisce in una carneficina: muoiono 11 atleti, 5 terroristi e un poliziotto tedesco. L’attacco di Settembre Nero è un archetipo del terrorismo. Sembrava consegnato alla storia. E invece non è mai stato così attuale. Perché un’azione come quella contiene (amplificati) tutti gli effetti simbolici e le motivazioni che oggi guidano le menti e gli strateghi dell’Isis. Copertura mediatica globale. La cornice dello sport, quintessenza dell’Occidente europeo. E ancora, la prospettiva di un attacco con la cattura di ostaggi, che moltiplica la risonanza in una lunga narrazione del terrore in mondovisione. Anche gli esperti della polizia italiana, che ieri sono sbarcati con la Nazionale all’hotel Marriot Courtyard, la struttura che ospiterà gli azzurri a Montpellier, hanno presente il «dossier Monaco». Perché durante Euro 2016 i calciatori, con un livello di allerta mai così elevato nella storia dello sport, saranno un target.
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L’Europeo sotto scorta
Torneo militarizzato per la protezione delle 24 Nazionali, delle città e dei tifosi Contro il terrorismo schierati oltre 5 mila agenti, azzurri seguiti anche da 12 poliziotti italiani
Le differenze pratiche sono importanti: tecnologia e organizzazione attuali assicurano un grado di sicurezza enormemente superiore a quel che poteva avere un villaggio olimpico negli Anni 70. Ieri l’albergo dell’Italia è stato controllato dagli artificieri coni cani, secondo il principio di «lockdown security»: si ispeziona ogni angolo della struttura e, da quel momento, si passa a un nuovo regime, con la verifica capillare di tutte le persone e le merci che entrano, in modo che l’interno rimanga sempre «bonificato». Identica operazione per il centro di allenamento «Bernard Gasset».
La gestione della sicurezza in un evento come gli Europei di calcio si divide in due ambiti. Protezione del pubblico e protezione degli atleti. Con strategie e necessità ribaltate: durante le partite, con le squadre negli spogliatoi o in campo, il rischio per i calciatori è quasi nullo, mentre il pericolo aumenta a dismisura per il pubblico (metropolitane, stadi, raduni nelle piazze). Lontano dalle partite, in modo speculare, gli obiettivi più a rischio tornano gli atleti.
La squadra di Antonio Conte sarà seguita da una dozzina di funzionari e agenti del Dipartimento di pubblica sicurezza, coordinati da Massimo Passariello. Sia a Montpellier, sia nelle altre città dove si andrà a giocare, gli alberghi non saranno dedicati in esclusiva agli azzurri. E dunque è partito da tempo uno screening del personale, che in altre forme verrà esteso anche agli ospiti. Un gruppo di poliziotti si dedicherà solo alla sicurezza della Nazionale, un secondo terrà i contatti con le autorità francesi per spostamenti e tifoserie, un terzo punto di contatto è a Parigi, per scambi informativi e flusso di intelligence. L’albergo e il campo di allenamento saranno di competenza dalla sicurezza privata della Uefa. Per tutto il resto, intorno all’Italia e le altre 23 Nazionali, verranno impiegati 5 mila agenti di polizia, più una parte dei militari dell’«Operation Sentinelle», il più vasto schieramento nella storia dell’esercito su suolo francese in tempo di pace. Gli azzurri saranno sempre accompagnati da una pattuglia dei reparti speciali, poliziotti addestrati ai blitz e al combattimento. I francesi ce ne hanno assegnati due, su un massimo di sei (riservati alle squadre più a rischio). L’obiettivo è rendere l’apparato di protezione meno invasivo possibile, ma di fatto gli alberghi che ospitano le squadre saranno in una condizione assimilabile agli hotel mediorientali (quasi fortini) in cui alloggiano turisti e funzionari occidentali. Perché a Euro 2016, 44 anni dopo Settembre Nero, il «rischio Monaco» è tornato concreto.
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