Anche l’emozione. Rubata pure quella. La voglia di cantare, tutte le idee messe insieme durante un viaggio che non finiva mai. A passo lento, con la sosta infinita all’area di servizio e la voglia di srotolare striscioni e cori dentro quello stadio e davanti alla tua finale. Niente. Ti hanno strappato di mano tutto. Non una Coppa, ma pure il diritto a piangere per una sconfitta. Niente di più squallido. Il calcio italiano è così, perso come la faccia dei suoi padroni.
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L’emozione rubata nella notte più nera
L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara
E la sensazione di fastidio è davvero violenta. Perché la verità è che non solo hanno cercato di impedirti di cantare, ma in realtà per un’ora hai assistito a qualcosa che non credevi possibile, cioè un documentario in presa diretta sullo sfascio italiano. Capi ultras che decidono il come, il dove e il quando dietro la minaccia di chissà quale vendetta. E le massime cariche dello sport e delle istituzioni in tribuna ad seguire con gli occhi vuoti la proiezione surreale di questa Italia arrugginita e barcollante.
Uno spettacolo che non potevi immaginarti: nonostante tutti i libri e gli articoli che magari hai letto. Gennaro decide. Tutti obbediscono in nome di un patto insensato. Fatto non si sa bene in nome di chi. Come se esistessero rappresentanze vere. Come se ci fosse qualcuno che può davvero sostenere di rappresentare tutto il tifo della sua città. Una storia mediocre. Ma allo stesso tempo forte. Che lascia addosso un senso di disgusto e di paura. Bambini che pensavano a una festa e adesso piangono aggrappati alle gambe del padre. Gente che per essere qui ha fatto sacrifici, magari preso le ferie. Uomini e donne che finanziano da sempre questo calcio andando allo stadio, acquistando gadget o abbonamenti alla tv. Persone normali, che cercano nel pallone il senso dell’emozione e dell’appartenenza.
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