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L’eleganza di mister Paulo, il «secchione» del pallone

(…) Ha reso tributo, apparso sincero, al suo predecessore. Non sarà facile fare meglio di Montella. Paulo Sousa lo sa. E perciò non si è sbilanciato quasi su niente. Tantomeno …

Redazione VN

(...) Ha reso tributo, apparso sincero, al suo predecessore. Non sarà facile fare meglio di Montella. Paulo Sousa lo sa. E perciò non si è sbilanciato quasi su niente. Tantomeno sugli obiettivi. Ci ha raccontato che ha trovato i Della Valle molto ambiziosi, ma questo già lo sapevamo. Non ci ha spiegato né che tipo di giocatori vorrebbe, né, figuriamoci, che tipo di giocatori gli daranno. Ha parlato però di un calcio propositivo, al limite del rischio. Idee di gioco interessanti, ma che non appartengono alla sua storia da tecnico, pure ancora in evoluzione.

Studiando il suo curriculum da allenatore, in realtà, non si capisce come sia riuscito a ottenere la fiducia dei Della Valle e della Fiorentina: non è un emergente su cui scommettere al limite dell’azzardo (tipo Mihajlovic o Montella), né un aspirante grande con una carriera lineare e crescente alle spalle (tipo Prandelli). Sousa allena da dieci anni. Dopo il tirocinio nello staff della nazionale portoghese, è partito dall’Inghilterra con esiti deprimenti: esonerato dopo 26 giornate dal Queens Park Rangers, dove era stato voluto da Flavio Briatore; settimo in Serie B con lo Swansea; esonerato dopo tre mesi dal Leicester, sempre in B. Poi ci ha provato in Ungheria: una stagione e mezza e un secondo posto con il Videoton, prima di dimettersi per ragioni familiari. Il primo successo è arrivato in Israele, 2013-14, con il Maccabi Tel Aviv, che comunque aveva vinto l’anno precedente e avrebbe vinto pure l’anno successivo. Infine il Basilea. Anche qui campionato vinto bene, ma nella scia di altri cinque scudetti consecutivi, arrivati grazie a questi allenatori: Torsten Fink, Heiko Vogel e Murat Yakin, con tutto il rispetto non esattamente dei maghi della panchina. Più interessante ciò che Paulo Sousa è riuscito a ottenere e mostrare con il Basilea in Champions, riuscendo a superare la prima fase eliminando il Liverpool.

Una traiettoria professionale tale da far pensare che i Della Valle e la Fiorentina siano stati conquistati soprattutto dalla sua eleganza, dalla sua raffinatezza, dal suo carisma. Fin da bambino Sousa è sempre stato una sorta di «primo della classe» naturale. A 10 anni era già così bravo con il pallone che gli istruttori lo facevano giocare con i ragazzi di 12-13 anni. Saltava qualche lezione a scuola per correre di nascosto ad allenarsi, ma a fine anno in pagella aveva ugualmente tutti dieci, o giù di lì. Iniziò da attaccante, ma presto capì che per avere più influenza sui compagni era meglio giocare da regista. Divenne subito uno dei più forti, forse il migliore regista d’Europa. Arrivò alla Juventus: conquistò tutti e tutto (anche una Champions) in campo e fuori. Negli spogliatoi leggeva Pessoa, Saramago e Tabucchi. Si infortunò a un ginocchio e la Juve lo accompagnò subito alla porta. Si vendicò battendola nella finale di Champions con il Borussia Dortmund l’anno dopo.

In Inghilterra il Sousa allenatore era accusato di prediligere un calcio difensivistico. In realtà la cifra delle sue squadre più recenti è un certo camaleontismo. Usa indifferentemente la difesa a tre, a quattro o a cinque. Impiega, o almeno ha impiegato con il Basilea, quasi tutti i moduli conosciuti, con l’eccezione del 4-4-2 e del 4-3-1-2. Finora l’unico punto fermo è sembrato la presenza di una punta centrale accompagnata da due incursori esterni con caratteristiche più o meno offensive. Insomma, un Gomez. Ma anche su Gomez Sousa si è mostrato sfuggente, se non freddo. Salah? Babacar? Situazioni ancora aperte. Di sicuro Sousa non ha paura di far giocare i giovani. Con lui a Basilea, Embolo, attaccante svizzero-camerunese, classe 1997, che era in seconda squadra, è diventato titolare alla nona giornata e non è più uscito. Di sicuro Sousa è un «secchione»: grande lavoratore e grande studioso di calcio, non tralascerà nessun particolare, dalla psicologia all’alimentazione. In bocca al lupo.

Gianfranco Teotino - Corriere Fiorentino