L’ultima volta eravamo tutti dentro un immenso canotto rosso. Sofferenza, gioia, eccitazione e imprecazioni che a tutta la Norvegia fischiarono le orecchie. Maledetto Ovrebo e a quel posto il suo amichetto con la bandierina. E così l’ultima trasferta in Europa della Fiorentina fu una via di mezzo tra una coltellata al cuore e uno stinco sbattuto in uno spigolo, che a volte è pure peggio. Da allora molto buio prima di riprovare quel brivido del viaggio verso un altrove tirato a sorte. Una sensazione forte. Una nuova città, un nuovo stadio, le birre con gli amici, le notti in bianco e via. Dal ghigno di Platini e Rummenigge fino a (remix 2013, visto che ci venimmo anche col Trap), l’archivio ha avuto il modo di mettere insieme un bel po’ di ricordi. Perché ognuno, chiaramente, ha i suoi. Tipo i mega gruppi elettrogeni militari sistemati intorno al campo del Gloria Bistrita, perché nella terra di Dracula si succhia il sangue ma la corrente elettrica, allo stadio, allora non si sapeva da dove succhiarla. Quella sera la Fiorentina soffrì parecchio, in una sfida eccitante come un convegno di Scelta civica. Eppure il tutto rimase impresso nell’hardware interiore del tifoso vero. Bastò uno striscione: «Il vostro conte morde, il nostro etc etc». Applausi a scena aperta. Perché Bistrita, senza offesa, non è Londra. Nel senso che uno non è che ci fissa un weekend con la famiglia. Ma è sempre una scoperta arrivare in pullman in una specie di piazza Batoni moltiplicata per cento. Ma senza una buona gelateria, però. Certo che per una trasferta romena buona solo per uno striscione e tante ferite sul cuore rimediate in giro (non sarebbero servite tutte le migliori paellas della città per ripagare l’ingiustizia di Valencia), c’è sempre un Gabriel Batistuta che pianta la bandiera viola sull’erba di Wembley. (...)
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Le notti perfette in Inghilterra e gli sbadigli…
L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara
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