Che piaccia o no, la Fiorentina è alla fine di un ciclo di tre anni. Da quando i Della Valle decisero di rilanciare una squadra spenta e svogliata (ricordate la salvezza all’ultima giornata a Lecce? Era il 5 maggio 2012) e puntare su un allenatore inesperto come Montella. In realtà quella scelta aveva un respiro molto più ampio: bel gioco dopo due stagioni di calcio misero, voglia di riportare Firenze allo stadio. Obbiettivi centrati sia in Italia che in Europa, e la stagione che sta per finire prosegue nella scia. Giorni fa Montella ha ricordato il primo amarissimo quarto posto, in realtà un terzo posto se il Milan non avesse incontrato il Siena. Grande entusiasmo, nuovi idoli da coccolare (Roncaglia, che piaceva a tutti tranne che al mister), il Maestro Borja Valero, la personalità di Gonzalo, la Vespa Cuadrado.
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La Nazione: Fiorentina, siamo alla fine di un ciclo
Che piaccia o no, la Fiorentina è alla fine di un ciclo di tre anni. Da quando i Della Valle decisero di rilanciare una squadra spenta e svogliata (ricordate la salvezza …
Siamo partiti da lontano per tentare di capire questi ultimi giorni tribolati. Due semifinali raggiunte (e perse malamente) e un passo indietro minimo in campionato (quinto posto vicinissimo), ma è scoppiato un petardo che ha surriscaldato gli animi. Sarebbe miope archiviare la lettera della Curva Fiesole come il gesto di un gruppo di tifosi indispettiti, perchè tra le righe si può scorgere l’umore dei fiorentini. Firenze prende in giro e ama prendersi in giro, non ammette che lo facciano altri. D’altro canto la Fiorentina ha fatto della chiarezza uno stile di vita, ma il messaggio fatica ad arrivare all’esterno. Gli allenamenti blindati sono una cosa (vanno di moda), la distanza della squadra dalla città è ben altro. Parla di una freddezza costante e di un vuoto affettivo da colmare: i tifosi sì sono clienti, ma a Madrid e a Monaco di Baviera, qui si sentono amici di famiglia.
Dopo tre anni si torna al punto di partenza, ma con alcune certezze. La struttura della squadra è definita, pur con diversi giocatori in là con gli anni. Ha ottenuto risultati in linea con le dimensioni di Firenze (settimo monte ingaggi, settimo bacino di utenza), anzi qualcosa in più. I tifosi l’hanno capito e sono con Della Valle e Montella. Parrebbe il contrario, non è così. Il tecnico è cresciuto in campo facendo scelte nette (Neto, Gomez) e anche fuori, con una verve comunicativa sottile, mai banale. Anche Montella ama molto le battute, ma a volte dimentica di essere nella patria mondiale della frecciatina salace. Quando parla di doversi «incontrare con la dirigenza per verificare se ci siano i presupposti per andare avanti» sembra un allenatore in scadenza di contratto, solo che ha firmato fino al 2017. A noi interessa di più il futuro della Fiorentina.
Dopo l'addio di Macia, che aveva previsto tutto («Il bicchiere è pieno, o se ne prende uno più grande con investimenti pesanti, o si mantiene questo livello»), servirebbe una scelta coraggiosa (non un rischio, lo ripetiamo) come Montella tre anni fa. Giocatori giovani, per ridare fiato e prepotenza a un gruppo fantastico e spompato. Basterebbe dirlo a giugno, magari senza pronunciare la parola progetto, lisa e vagamente sinistra, aprendo ai calciatori italiani di livello (Scuffet, Darmian, Valdifiori). C’è il tesoretto Cuadrado da sfruttare, e una cessione probabile (Gomez). I leader? Tatarusanu, Gonzalo, Pasqual, Borja (se si rianima). Insomma, i tifosi apprezzerebbero un tridente con Bernardeschi, Babacar e Salah. Rossi è il primo dei rimpianti: incrociamo le dita, e se non basta accendiamo un cero. Comunque vada, quella dei giovani è una delle strade possibili, per crescere senza svenarsi.
Paolo Chirichigno - La Nazione
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