Quando è sceso dal Frecciarossa a Santa Naria Novella, più che da Milanello è sembrato arrivare da una fiction sui carabinieri di Rai Due, quella dove tutti i militari li diresti presi da un catalogo di Vanity Fair. La bellezza è la miglior lettera di raccomandazione, scriveva il saggio Aristolele. Chissà se vale anche nel calcio.
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La Grande Bellezza è un bomber
Quando è sceso dal Frecciarossa a Santa Naria Novella, più che da Milanello è sembrato arrivare da una fiction sui carabinieri di Rai Due, quella dove tutti i militari li …
Perché Alessandro Matri non è certo un centravanti con i lineamenti che ricordano La Russa quando mangia un limone, piuttosto una sorta di modello mesciato di Pitti Casual prestato al pallone. Un fulgido sostenitore della diarchia calciatore-velina, al punto d’essersi accasato prima con la bionda e poi con la mora della stessa edizione. La Grande Bellezza versione pallonara. Bingo. Ma Firenze oggi a lui chiede altro che non una seduzione fashion. Chiede semplicemente una decina di gol perché non si chiuda il cassetto dei sogni aperto in estate, prima che la Fortuna assumesse le sembianze dello sgraziato Agazzi e poi del guappo Rinaudo, e decidesse di far fuori con due soffi malvagi la coppia meraviglia dell’attacco gigliato. A ricordarlo viene ancora un tuffo al cuore per l’ingiustizia. Tocca a Matri, insomma, il compito di correggere la Fortuna, risolvendo i problemi lì davanti proprio come faceva Mister Wolf in Pulp Fiction. Non un compito facile.
Di certo Matri è un centravanti per scelta ideologica. «La Bellezza è la moneta della Natura, non bisogna accumularla ma farla circolare», diceva il vecchio John Milton nel suo “Paradiso perduto”. E lui, quasi ad ascoltarlo, in campo sembra essere sempre in circolazione alla ricerca del paradiso perduto del gol. Un bomber che ispira l’azione col movimento piuttosto che attenderla. Veloce come una freccia, istintivo come un felino, nell’area di rigore “Mitra Matri” colpisce quasi sempre con l’agilità imprevedibile del gatto, lasciando graffi sanguinanti sul corpo del portiere. Un nove predatore, lontano dal pessimismo leopardiano ma aperto all’ottimismo del gol che, come ricordava Tonino Guerra, è il profumo della vita. Altro che filosofi inglesi.
Certo, nei mesi milanesi Matri non ha lasciato tracce indelebili del suo passaggio. Ma il Milan fin qui è sembrata più una zattera della Medusa che non una squadra di calcio. A Firenze trova qualcosa di diverso. Una macchina da calcio lucida di classe e potente per geometrie. Una macchina nella quale lui dovrebbe trovare un posto da titolare già oggi a Catania, in una partita insidiosa come una palude. E se ciò avverrà, non si preoccupi se qualcuno all’inizio verrà colpito dal suo aspetto prima ancora che dai suoi colpi in campo. Alla bellezza, anche nel calcio, ci si abitua. E’ alla bruttezza che non ci si rassegna. Come i tifosi viola sanno bene dopo aver avuto come centravanti Santiago Silva e Keirrison, Portillo e Bonazzoli.
Stefano Cecchi - La Nazione
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