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La Fiorentina palleggia bene, ma non affonda mai

La partita dello Juventus Stadium ai raggi X

Redazione VN

A leggerla con un cannocchiale rivolto al passato questa tra Juventus e Fiorentina - scrive Andrea Schianchi su La Gazzetta dello Sport - è una sfida tra filosofie opposte: da una parte la forza, la veemenza e la «verticalità» dei bianconeri; dall’altra i ghirigori, il palleggio che a tratti sembra persino un valzer, sempre ballato «in orizzontale», dei viola. La scuola inglese del Primo Novecento contro la scuola danubiana: visioni diverse sullo stesso problema. Come arrivare al gol? In velocità, cercando la strada più breve, quindi con il pallone lanciato in profondità, oppure con calma, ragionando, e tentando la manovra di aggiramento? La storia del calcio insegna che non esiste un’idea migliore dell’altra. A livello estetico si può affermare che il palleggio della Fiorentina è più appagante, più bello da vedere, ma a conti fatti la concretezza figlia della potenza e dei muscoli fa guadagnare più punti in classifica. Poi, questo non va mai dimenticato, la fortuna delle idee è quasi sempre fatta dagli interpreti: se hai dei fenomeni, puoi giocare sia «all’inglese» sia «alla danubiana» che alla fine vinci.

Ci sono due uomini che, più degli altri, rappresentano lo stile di gioco delle rispettive squadre: Pogba per la Juventus e Borja Valero per la Fiorentina. Il francese agisce da classica mezzala sinistra, tocchetta poco e pensa subito a guadagnare metri su metri per portare il pallone vicino all’area nemica. Lo spagnolo, invece, ama ricamare, tiene insieme i reparti, si piazza nella posizione del trequartista, gioca corto, fa sponda con i compagni, raramente si concede un lancio ed è difficile vederlo incunearsi tra i difensori avversari: preferisce costruire con pazienza, pondera ogni appoggio, riflette su tutte le soluzioni. Ovvio che, così facendo, la sua azione risulti più lenta e, talvolta, meno efficace. Pogba mette i suoi muscoli a disposizione della squadra: 10 palloni recuperati, 3 intercettati, 3 falli subiti e 4 commessi. La presenza del francese si sente, anche se da lui si pretende qualche invenzione in più. Il pallone che serve a Dybala, nell’azione del secondo gol bianconero, è comunque una perla da custodire in cassaforte. Borja Valero dà il suo contributo con 5 recuperi e 5 falli subiti (segno che sa proteggere bene il pallone), però non affonda nella zona calda e qui sta il limite della Fiorentina. La squadra di Paulo Sousa, infatti, se ne va dallo Stadium con una sconfitta nonostante abbia avuto il 61,7 per cento di possesso-palla e abbia completato 612 passaggi (con l’86,4 per cento di precisione): in trasferta, e soprattutto contro la Juve, sono numeri importanti. Che, tuttavia, non bastano se la manovra si ferma alle soglie dell’area avversaria: poche le conclusioni della Viola, pochissime se si considera la mole di lavoro svolta dai centrocampisti.

Il problema di chi sceglie la strada «danubiana», cioè il palleggio e il possesso del campo attraverso la costruzione di una manovra fatta di tocchi brevi, è sempre lo stesso: aprire spazi per arrivare alla battuta a rete. Perché, alla lunga, ciò che conta (e fa la differenza) è il gol: la Juve se lo va a cercare con le volate sulle fasce laterali e i cross, o con le percussioni centrali di Pogba; la Fiorentina, invece, non azzanna, sembra giocare sempre in punta di piedi, bella e precisa, però con poco furore agonistico. E nel calcio moderno questa lacuna si paga a caro prezzo.