Chiamateli Paulo Boys, non vi deluderanno. Sono quelli che non tirano mai indietro la gamba (vedi la foto delle ginocchia martoriate di Kalinic pubblicata ieri su Twitter da Alessandro Alciato di Sky , che in un attimo ha fatto il giro del web). Quelli che scendono in campo per trasformare in calcio i pensieri del proprio allenatore. Chiamateli Paulo Boys. Hanno lo sguardo fisso sul pallone, su quei metri da guadagnare passaggio dopo passaggio, corsa dopo corsa. Nelle orecchie le urla del portoghese che con il passare del tempo stanno cambiando: non più rimproveri ma comandi precisi, conosciuti, a cui rispondere in automatico perché i risultati parlano da soli e questa Fiorentina appare ogni giorno più forte, più convinta dei propri mezzi.
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La dedizione dei Paulo boys
L'articolo di Ernesto Poesio sul Corriere Fiorentino
Chiamateli Paulo Boys, sono i satelliti del pianeta Sousa, attirati dal magnetismo di questo predestinato che allena la mente oltre alle gambe e ai piedi. Impossibile resistergli, anche perché le mezze misure nel nuovo mondo viola davvero non esistono. La selezione, allora, finisce per essere una questione naturale, tra chi ce la fa e chi è costretto a restare un passo indietro. Per attitudine mentale prima che fisica. Perché per essere un Paulo Boys servono caratteristiche ben precise: massima dedizione al lavoro, massima professionalità dentro e fuori dal campo (a partire dalle abitudini alimentari), e soprattutto la predisposizione a porre le qualità individuali al servizio del gruppo per quella visione d’insieme che nel pianeta Sousa viene prima di tutto. (...)
Certo non può bastare il carattere, servono anche le qualità, sia tattiche che tecniche. Ma senza la predisposizione a mettersi in discussione in questa Fiorentina può essere difficile indossare la casacca dei titolari, di quelli destinati alla prima linea, tra oneri e onori. Anche i numeri, molto equilibrati a inizio stagione, stanno iniziando a delineare un nucleo di fedelissimi sempre più ristretto. In tredici sono i giocatori che hanno superato il 75% delle presenze, e cioé almeno 14 partite delle 18 tra campionato e coppa: Tatarusanu, Gonzalo, Tomovic, Astori, Alonso, Roncaglia, Badelj, Vecino, Mati, Borja, Kalinic, Bernardeschi, Ilicic. Gli altri 9 (chi più chi meno) si sono dovuti accontentare delle occasioni che via via si sono presentate consapevoli però che per la patente di Paulo Boy è necessario andare oltre il proprio compito come singolo.
Lo sa bene, per esempio, Babacar, uno che con i suoi 4 gol in 356 minuti di campionato ha una media di un gol ogni 89 minuti, perfino superiore a quella del vice capocannoniere del campionato Kalinic, ma che a differenza dell’attaccante croato fatica a mettersi al servizio dei compagni e del gioco richiesto da Sousa. Chiamateli Paulo Boys, insomma, ma non pensate che sia facile fare parte della tribù. Chi ci riesce però, chi accetta di ricalibrare il proprio modo di stare in campo alle esigenze di squadra è destinato a essere protagonista. Per gli altri, per chi non vuole o semplicemente non può, la finestra del mercato di gennaio potrebbe rappresentare un momento per riflettere insieme alla società. Chiamata adesso più di prima a scovare in giro per il mondo qualche altro Paulo Boys. O che almeno abbia tutto per diventarlo.
Ernesto Poesio - Corriere Fiorentino
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