Lezione di calcio a Marassi, in salsa portoghese. La «Paulo Sousa globe trotter» colpisce ancora, là dove finora c’è stato un fortino. Se la Fiorentina fosse una fotografia, non ci sarebbe nessun dettaglio fuori fuoco. Il suo gioco è armonia, ritmo ed efficacia. Più che la vetta confermata in coabitazione con l’Inter, stracciata peraltro a San Siro, sorprendono i numeri. Non c’è gara di campionato dove la Viola non abbia segnato. L’unica della Serie A. Ha collezionato 5 rigori (e con la Samp ce n’era un altro non concesso su Kalinic). Segnali chiari: si presenta nelle aree avversarie con grande facilità. Nei primi tempi poi è micidiale: 14 reti, altro record. E solo l’Inter ha subito meno gol. La Viola è completa, non ha un reparto debole e ha pure una panchina ricca. Perché non dovrebbe ambire allo scudetto?
stampa
Ilicic-Kalinic show: la Fiorentina è una sinfonia
Manca solo un tassello: la consapevolezza di poter essere grande, sempre, anche contro le grandi
Manca solo un tassello: la consapevolezza di poter essere grande, sempre, anche contro le grandi, visto che due delle tre sconfitte sono arrivate con Roma e Napoli. E’ l’ultimo passo per ambire al traguardo. Ma si può sognare, questo è certo. Per la prima volta la Samp si è arresa in casa sua e non poteva che andare così. Una follia di Zukanovic ha aperto la strada, ma era solo questione di tempo. Poi il solito Kalinic, simbolo della Fiorentina da trasferta (6 reti sulle 7 totali lontano da Firenze) ha chiuso il conto che poteva essere molto più salato.
La chiave Strano non ci fosse anche Vin Diesel in campo. Questo Samp-Fiorentina sembrava l’ennesimo sequel della fortunata serie cinematografica «Fast and Furious». Una sfida ad alta intensità, giocata a cento all’ora, con pochi attimi di respiro e tanta suspense. Uno spettacolo. Almeno nel primo round. Certo, con qualche errore d’impostazione e imprecisioni sotto porta ma non poteva esser altrimenti, visto il piede sempre pigiato sull’acceleratore. Averne di partite così, poco italiane per il ritmo e molto italiane per tattica e, perché no, tecnica. Peccato sia durata a questo livello solo 45 minuti, causa uscita di strada della Samp. Che bisogna ringraziare per il contributo allo spettacolo: dopo lo svantaggio ha spinto con decisione, ha provato a raddrizzare la partita ma la Fiorentina era obiettivamente superiore. Troppo. Basta vedere la collezione di tiri in porta e di calci d’angolo. La Fiorentina ha avuto sempre in mano la partita e nel secondo round lo si è visto più chiaramente. Il centrocampo ha fatto la differenza e i conseguenti scambi in velocità mandati a memoria. Badelj e Vecino a recuperare e impostare, i fantasisti a creare. A turno.
Che Bernardeschi Lippi, in tribuna, si sarà divertito a vedere i giochi di prestigio di Ilicic e Borja Valero, ma anche le sgroppate di Bernardeschi che hanno sfiancato la Samp. Uno da tenere più presente in chiave azzurra. Zenga ha provato a metterci una pezza, sostituendo nell’intervallo il baby Pereira con Mesbah, ma non è cambiato molto. Ha influito anche la serata nera di Eder e Muriel, poco serviti ma anche oscurati dall’impeccabile difesa viola. L’italo-brasiliano ha fatto solo un tiro in porta, sull’unico regalo di Roncaglia, fallito da due passi anche per i riflessi di Tatarusanu. Si era già sul 2-0, è stato l’unico soffio di speranza per la rimonta. Invece Viviano ha dovuto fare gli straordinari perché la sconfitta non assumesse toni pesanti. L’entrata triste di Cassano al tramonto della sfida ha confermato l’impotenza sotto rete della Sampdoria. Si consoli, quando la Viola suona così, è dura per chiunque fare meglio. L’avviso ai naviganti è chiaro. Nella corsa poco fast e molto furious per lo scudetto, la Fiorentina resterà in pole.
La Gazzetta dello Sport
© RIPRODUZIONE RISERVATA