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Il ritiro secondo Benedetto Ferrara

Il primo giorno di allenamento descritto da un ironico Ferrara

Redazione VN

Abbi fede fratello. Chiudi gli occhi e immaginala. Perché è grazie alla fede che la puoi vedere, la Fiorentina. Almeno per ora. Perché ora se apri gli occhi ti appare fratello Romulo, che avevi rimosso dal subconscio come si fa coi sogni inutili. E se li stropicci perché non ci credi ecco che si palesa l’immagine di fratello Di Tacchio (ammetti che avevi cancellato anche lui dal desktop dei ricordi fragili), tornato a casa dopo due anni sparsi tra Ascoli e Juve Stabia (due società Corvino friendly e quindi molto amiche pure di Macia), quello che, partito in volo per Montreal, chiese alla hostess come mai ci voleva tanto ad arrivare in Inghilterra. Vecchie storielle di geografia creativa. Sì, dai. Meglio la fantasia, anche se neanche con quella avresti immaginato di rivedere le basette aggressive di Lupo Lupatelli, antico terrore dei tifosi e di Prandelli. Il procuratore di riferimento della Fiorentina (ex anche di Sinisa e Montella) te lo ha rimesso lì come terzo, forse secondo e magari pure primo (si scherza, Viviano dovrebbe sbloccarsi entro il 2012) portiere.

Cose da Fiorentina in tempi di carestia. Ma non è il caso di piangere o di cascare nella trappola del pessimismo di metà luglio, che tra l’altro non sarebbe neanche originale. Perché qualcosa accadrà. Deve accadere, per forza. Pradè lo aveva fatto capire chiaramente: prima dare via, poi acquistare o (soprattutto) farsi prestare. E ora il diesse due euro (anzi, dieci milioni) in tasca se li è messi grazie alle cessioni di Behrami e Gamberini al Napoli, senza le quali era di fatto paralizzato. Proprio lo svizzero platinato sorride felice sul grande poster appeso all’ingresso del campo di Moena. L’ufficio marketing ha fatto un buon lavoro di propaganda. Chissà se anche il Napoli lo ha già immortalato e appicciato su qualche muro. E anche se l’eroe dei due poster c’azzecca niente, l’impianto di Moena comunque è notevole. Qui la Samp c’ha lavorato una vita, mentre i tifosi della Fiorentina passavano oltre per arrivare a Vigo sulla via del tramonto dove Mancio faceva il fenomeno e Pavone e Bianchi uscivano dall’hotel in pantaloni alla zuava pronti per una passeggiatina sui monti. Anche Mondonico ci è tornato poi, in val di Fassa, ai tempi in cui la mattina andava a svegliare i tifosi che dormivano

in tenda. Ma il tutto sempre cinque chilometri più in là. Ora per la Fiorentina c’è Moena e un primo giorno di lavoro senza forzature. Duecento tifosi a guardare (almeno il doppio dei primi giorni dell’era Mihajlovic) e Montella che parla con squadra e staff una mezz’oretta prima di scendere in campo. Proprio lo staff del nuovo tecnico è ciò che fa più impressione: sono dieci, più quelli dello staff medico. Roba forte. I giocatori entrano in campo alle cinque e mezzo, mentre arriva la notizia che Cuadrado, il “neo prestito” atteso per oggi, è stato operato d’urgenza per una appendicite acuta. Niente Cuadrado, quindi, almeno per un po’. Quindi accontentatevi di Felipe e Olivera, che per la statistica è il primo giocatore a mettere i piedi sul campo di allenamento. A occhio potremmo dire che Cerci sembra in palla, che Vargas è un po’ nervoso e che Ljajic senza Delio sembra più sereno e chissà perché. Ma sono solo impressioni.

In ogni caso l’allenamento è leggero. Corsetta, stretching e partitella presunti titolari contro riserve e parecchi ragazzotti delle giovanili (il più forte, il portiere Svedkauskas, non è stato confermato e così se lo è preso la Roma di Zeman). Mentre El Hamdaoui il mago di Rotterdam gioca con le riserve, Montella sceglie un tridente d’attacco Cerci-Jovetic-Ljajic. La sfida finisce uno a uno, con Seferovic (altra riapparizione) che buca facile Lupatelli e Jovetic (tocco sotto) pareggia dopo una notevole triangolazione con Ljajic. E qui arriva il primo applauso convinto degli innamorati del viola, che come tutti gli altri aspettano che oltre Di Tacchio e Romulo appaia finalmente una Fiorentina vera. O qualcosa che le somigli, almeno.

Benedetto Ferrara - La Repubblica