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Il lessico del prof Sousa: «presa desisiòn», per far sbagliare gli altri

L'articolo del Corriere Fiorentino sul tecnico portoghese

Redazione VN

Con quel timbro di voce così profondo avrebbe perfino potuto fare il doppiatore. Magari di un grande professore intento a tenere un corso di «calcio e filosofia». Lezione numero uno: è nata prima la palla o l’intensità? La sua, naturalmente. Quella che ha richiesto come un martello ai suoi fin dal primo giorno e che sta mietendo vittime tra gli avversari, incuriosendo il calcio italiano. Perché se davanti al microfono Paulo Sousa è coinvolgente, educatissimo e strappa più di un sorriso con il suo modo di spiegare il suo punto di vista, in campo suscita grandi grattacapi, soprattutto negli avversari.

«Presa desisiòn», «prinsipalmente», «apprendimentu coghnitivo», «piano acqvisitivo» , «controllo di palla y creando», non sono una lunga sequenza di refusi, ma le frasi che, più di altre, sono rimbalzate a Firenze negli ultimi tre mesi. Un po’ Rui Costa, un po’ Sebastiao Lazaroni (impossibile dimenticare il mitico «la Fiorenjina ha juao beni» del profeta brasiliano), eccolo qua il lessico famigliare di Paulo che ha trascinato i viola in testa alla classifica. Già perché aldilà del folklore, quando poi sul campo questi concetti superano la teoria e si trasformano in pratica, è indubbio che per gli avversari siano dolori. Ma soprattutto ecco che la Fiorentina acquisisce di colpo un’identità di gioco ben delineata, proprio ciò che è mancato nelle prime uscite stagionali (come riconosciuto in più di un’occasione dallo stesso Sousa).

Passare insomma dai «moduli» (o «sistemi di gioco») alle «linee» da coprire e interpretare non deve essere stato facile per i giocatori chiamati a interpretare un calcio che diventa sempre più scientifico, attento al particolare. «A volte nemmeno capiamo quello che ci dice» ha ammesso lo stesso Borja Valero dopo la partita di Carpi, dando voce a quello smarrimento generale che però Sousa ha accettato come naturale, senza rinunciare a spiegare e a farsi capire.

Così eccoci a San Siro. Alla lezione rifilata all’Inter. Ecco una squadra «padrona del gioco», proprio ciò che ha chiesto alla vigilia il portoghese. Per riuscirci la Fiorentina ha ribaltato (anzi sarebbe meglio dire evoluto) il proprio gioco: non più la ricerca continua del possesso palla (che resta una delle armi a disposizione della squadra, soprattutto in fase di gestione del risultato), ma lo sfiancamento del rivale attraverso una pressione continua, asfissiante. Portare all’errore, costringerlo alla giocata forzata, frettolosa, proprio quando l’avversario è in fase di costruzione e si sta «aprendo» a ventaglio sul campo.

È allora che la Fiorentina ama colpire, recuperando il pallone e verticalizzando immediatamente, grazie ai movimenti delle punte negli spazi (Kalinic su tutti) e alla capacità di leggere la partita dei centrocampisti. La stessa che invece, quando il primo pressing va a vuoto, deve portare la squadra ad arretrare il baricentro, chiudendosi a riccio e proteggendo la difesa. Un elastico insomma, e un pressing che già di per sé diventa la prima forma di costruzione del gioco, proprio come avvenuto a San Siro e in casa contro il Milan. Anche per questo, probabilmente, la miglior Fiorentina si è vista proprio nelle partite contro le big, contro squadre che hanno provato a fare gioco. Scoprirsi contro Paulo Sousa può essere rischioso.

«Giocar bene per me è un controllo di gioco, che ha non ha solo una fase o solo un momento. E su questo dobbiamo lavorare». Tutto chiaro no? Almeno secondo il «lessico di Paulo».

Ernesto Poesio - Corriere Fiorentino