Delio il masticatore della panca rimette in piedi un’altra Fiorentina perché la vita è dura e questa stagione è pure peggio: dura e noiosa. Il tecnico si porta appresso tutto ciò che ha, cioè mezz’ora di calcio dignitoso e orgoglioso col quale la sua squadra ha rischiato di vincere sul campo di un Parma che comunque non era un granché. Se uno ci butta sopra pure le assenze (Jo-Jo Swarovski più gli squalificati Behrami e Nastasic, cioè i tre pezzi meglio) succede che Rossi ribalta modulo e nomi per una Fiorentina che non è più la stessa.
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Il laboratorio di Delio
L’analisi di Benedetto Ferrara su La Repubblica di oggi su Delio il masticatore l’uomo capace di ribaltare moduli
Punto primo: come previsto riecco il vecchio 4-3-3. Punto secondo: si rivedono in squadra il pendolare Kharja e Olivera “rosso fisso” il colpaccio di gennaio. Lazzari dovrebbe restare fuori, così almeno pare, anche se il tecnico ci tiene a difendere il suo giocatore: «A fine partita si è fatto cinquanta metri per trovarsi davanti alla porta, questo è un dettaglio non trascurabile ». Vero. Comunque da quella mezz’ora Delio vorrebbe ripartire per provare a sorridere un po’ ora che l’inverno sta per finire. Catania non è uno scherzo. I Montella boys giocano bene: veloci, cattivi, entusiasti. «E io voglio una Fiorentina tignosa », dice Rossi. L’aggettivo ci sta bene. Sì. Tignosa, antipatica, ruvida e decisa a tutto pur di uscire a testa alta e con dei punti in tasca.
D’altra parte il governo Rossi somiglia molto al governo Monti. Una lunga emergenza in attesa di qualcosa che ancora non si sa bene cosa sia. La cura, quindi, consiste in una difficile quadratura del cerchio. Nonostante la società sia riuscita a indebolire con metodo la squadra al mercato di gennaio, Delio fa buon viso di fronte allo stato delle cose e pensa a motivare i suoi, cosa non sempre semplice. «Cerci? È più forte di quello che pensa lui stesso. Solo che deve imparare a non accontentarsi». Beh, si. Così è. Il buon Alessio è uno di quelli che una volta c’è e poi parte per le ferie. Con la testa, ovvio. Ma qui serve continuità. E allora l’assenza di Jovetic offre la seconda occasione filata per il fenomeno di Valmontone, anche perché quando tornerà Jo-Jo il 4-3-3 quasi certamente sparirà dalla scena.
Intanto l’allenatore continua a fare le sue scelte alla ricerca di una Fiorentina che abbia un senso per l’oggi e per il poi. Ljajic, che le sue occasioni le ha avute eccome, resta a casa a giocare a pro evolution davanti alla play station. Al suo posto Acosty, che forse non ha ancora avuto la possibilità di montarsi la testa (e magari non se la monterà mai). Dice Rossi: «Non esistono bocciature definitive. Lo dimostra il fatto che Camporese è passato dalla tribuna al campo». Parlando in generale il tecnico ribadisce il punto numero uno del suo manuale di sopravvivenza. «Io voglio che i miei giocatori pensino prima di tutto al bene della squadra ». Poi tornando al fenomeno Ljajic (7 milioni di investimento), Rossi soffia. «Ha talento, ma deve dare molto di più». E forse, diciamocelo, non è il solo. Però adesso tutti devono fare uno sforzo. Per la Fiorentina. E per loro stessi. Tutta questa gente che vuole andare via avrà pur bisogno di farsi notare. Cosa difficile di questi tempi: con una classifica triste e un gioco che le somiglia molto. Quindi, come dice Rossi, «Ricominciamo da quella mezz’ora di Parma». Sì, e magari aggiungendoci qualche minuto in più.
Benedetto Ferrara - La Repubblica
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