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Il Franchi è storia, è casa.

L’articolo di Benedetto Ferrara

Redazione VN

Stadio Comunale di Firenze. Cioè: stadio Artemio Franchi. La torre di Maratona che brilla nella notte, la Fiesole che canta col sole sparato in faccia, le bandiere che garriscono al vento e tutte le emozioni che ti trasformano da sempre lo stomaco in un fight club. Questa è la casa della Fiorentina e di chi non può fare a meno di lei. Girala come ti pare ma funziona così.

Il Franchi è una somma di sensazioni senza tempo e di ritocchi messi a punto lungo la strada. Uno scheletro perfetto che fa parlare di sé tirandosi addosso cento aggettivi: bello, prezioso, scomodo, superato e ancora e ancora. Tutto vero. Come è vera l’attesa per questo lunghissimo addio: entro l’anno il progetto dello stadio nuovo potrebbe diventare qualcosa di concreto. Sarebbe l’ora, certo. Ma intanto il Franchi è sempre lì, come un nonno che ti vuole bene e cerca di accoglierti con lo stesso abbraccio, anche se la stanchezza si fa sentire e le rughe si fanno più profonde.

E nonostante la pioggia, nonostante il fatto che se vai in curva la partita te la immagini e se sei in tribuna stampa chiami l’amico a casa che dalla tv rivede le azioni al rallentatore, cosa che senza un monitor tu non potrai mai fare. Ma che bello il Franchi, che dagli anni settanta è cambiato giusto un po’. Il bar della tribuna quasi per niente. Pure i gelati sono sempre Sammontana (magari non gli stessi, si spera), anche se la mitica cassatina è finita fuori produzione insieme alla Fiat 128. Te la lanciavano da venti metri durante la partita. D’inverno c’era chi si faceva di punch al mandarino. Roba psichedelica sparata di arancione. Ma il Franchi cambia con bolattiana lentezza. Quel clamoroso bluff di Italia ’90 tolse di mezzo la pista, poi negli anni si è lavorato nelle viscere, là dove la gente non vede e non va. Una sede nuova per la Fiorentina dellavalliana: tutto molto minimal ed eco chic. Belli i seggiolini con la scritta Acf Fiorentina in maratona. Come negli stadi del mondo che funziona.

Una cosa molto “ganza”, come gli sky box. E le hostess flessuose e sorridenti che accolgono i cosiddetti vip, con catering mai visti e vassoi che vanno e vengono insieme a camerieri che ti sembra di essere a un matrimonio. Sono gli stadi del duemila, tesoro. Quelli che non si socializza solo in curva tra un accidente e l’altro, ma si cerca anche di mettere insieme gente coi soldi e dare l’idea che si possano perfino fare degli affari, un po’ come fanno i golfisti passeggiando sul green. Si, insomma, quella è un’altra storia: qui magari in realtà si prova solo a fare le cose un po’ meglio di prima. Avete idea di quanti anni ci sono voluti (da Gioffreda che la casa arreda a Gallori gomme) per avere un impianto audio che non trasformasse tutto in un rantolo primordiale? Ora c’è la musica. Quella vera, come in Inghilterra, in Germania, in Olanda e via dicendo. L’obiettivo è tirare a campare dignitosamente fino a che l’utopia di un Fiorentina Stadium, o di una Fiorentina Arena, non diventi mattone, e non più carta o plastica. 

Il Franchi è un meraviglioso incrocio di architettura avveniristico razionalista, modernariato anni ’80 e soluzioni futuribili infilate qua e là. Di sicuro, dall’inaugurazione del centro sportivo in poi, la squadra può lavorare secondo regole aggiornate ai tempi. La vecchia palestra era ammuffita e il decoro era parecchio minimal nelvero senso della parola. Insomma, in attesa della Fiorentina Arena, il vecchio stadio cerca di restare vivo per reggere l’urto violento del tempo che passa. Gli sponsor si vedono la partita al caldo, nel parterre di Maratona non hanno più il plexiglas a fare muro mentre in curva cambia poco o nulla. E intanto, però, il fantasma della cassatina continua a svolazzare nell’aria sfidando perfino gli updates very cool chiamati sky box. Perché il senso non cambia: il Franchi è storia, è casa. E’ una parte di noi.

Benedetto Ferrara - la Repubblica