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I tifosi del Napoli: “Nessuna minaccia”

Non ci sono ragioni. Per quanto si cerchi di stabilire una verità, niente e nessuno potrà cancellare l’inquietudine vissuta sabato sera, all’Olimpico. Le immagini di «Genny a’carogna» con le braccia …

Redazione VN

Non ci sono ragioni. Per quanto si cerchi di stabilire una verità, niente e nessuno potrà cancellare l’inquietudine vissuta sabato sera, all’Olimpico. Le immagini di «Genny a’carogna» con le braccia protese verso l’alto, a dirigere i movimenti della curva nord, hanno fatto il giro del mondo, mentre nello sguardo di Marek Hamsik si leggeva chiaramente l’ incredulità di un momento lungo un’eternità. Indignazione, certo, ma anche impotenza delle istituzioni. C’è voluta la fermezza di Giuseppe Pecoraro, il Prefetto di Roma, per piegare la prepotenza di quell’omaccione, intento a contrattare le sue ragioni con i dirigenti ed il capitano del Napoli, a loro volta sollecitati al confronto dai funzionari della Digos napoletana: «La partita si dovrà disputare e bisogna farla iniziare quanto prima». E così è stato.

Ragioni ultras

Le loro ragioni gli ultras le hanno riassunte in un comunicato, è stata proprio la frangia comandata da «Genny ‘a carogna» (la Curva A) a prendere la parola. «Ci preme sottolineare come il rappresentante della tifoseria della curva, ripetutamente inquadrato in video, abbia interloquito con Hamsik e i tutori dell’ordine con calma e rispetto, senza minacce o provocazioni e non c’è stata nessuna trattativa con la Digos sull’opportunità di giocare o meno la partita», si legge nel ciclostile diffuso in città. Dunque, niente minacce, ma una semplice richiesta di informazioni «La preoccupazione era per le reali condizioni del tifoso ferito ed è stato semplicemente comunicato che la curva non avrebbe esposto coreografie o tifato per rispetto di chi stava soffrendo».

T-shirt

Lo sdegno sale quando le telecamere inquadrano la scritta «Speziale libero» sulla maglietta indossata dal capo ultrà. Speziale è stato condannato per l’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti, a Catania nel febbraio del 2007, durante gli scontri per la partita col Palermo. «La maglietta, che sembra il vero problema della giornata, è in onore di una città dove abbiamo tanti amici e nei confronti di un ragazzo che sta chiedendo attraverso i suoi legali la revisione del processo. È una richiesta di giustizia, non è un’offesa contro una persona deceduta o contro i suoi familiari».

La Gazzetta dello Sport