È difficile dire addio al calcio. Fa male e lascia in eredità un tormento distillato tanto quanto è concentrata l’adrenalina degli anni sull’otto volante dello showbiz pallonaro. Ad esempio Marco Ballotta, portiere di Parma, Lazio e Inter, non è mai riuscito a tagliare davvero il cordone. Dopo una carriera già longeva (suo il primato di giocatore più anziano ad aver calcato i campi di Serie A) e ricca di titoli, pur di rimanere tra i pali ha accettato le offerte di squadre di categorie via via sempre più basse. Quando Matteo Cruccu, giornalista del Corriere della Sera, ne raccoglieva l’intervista, Ballotta è il portiere del Castelvetro (Eccellenza), «matusa» cinquantenne tra ragazzini che potrebbero essere suoi figli. Ballotta se lo riprometteva: «Questo è l’ultima volta, poi mollo». Ora che nel Castelvetro fa parte dello staff tecnico, sembra essere riuscito a rispettare i propri propositi. Ma mai dire mai.
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Insieme con quella di Ballotta, Cruccu ha raccolto altre nove parabole personali per Ex - Storie di uomini dopo il calcio (Baldini& Castoldi, pagine 144, euro 15). Il portiere è un’eccezione. Gianni Comandini, ottimo attaccante ritiratosi prima dei 30 anni, la sua nemesi. Soffriva le pressioni e le aspettative che innervano il mondo del calcio e, dopo un paio di stagioni anonime, ha preferito dedicarsi alla sua passione: la tavola da surf. Oggi, se lo riconoscono per quello che è stato (autore, con la divisa del Milan, di una doppietta in un derby della Madonnina) si infastidisce e si ritrae. Con gli stessi modi drastici Osvaldo Bagnoli, dopo aver chiuso male con l’Inter, ha chiuso pure col calcio. Si gode la vita domestica con la moglie e si prende cura della figlia. Alberto Malesani produce vino di qualità non lontano da Verona. Moreno Torricelli e Diego Fuser patiscono lutti più grandi di loro. Francesco Flachi e Riccardo Zampagna, dopo aver fatto innamorare intere città, gestiscono piccoli esercizi commerciali dove i fan vanno ancora in pellegrinaggio.
Le esperienze sono tante e diverse tra loro. Uno solo è il filo conduttore: il dolore. Che lo si voglia o no, non è facile scendere dalla giostra. Le delusioni e le amarezze sembrano più delle soddisfazioni. Il prestigio del passato, più che una consolazione, è una condanna.
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