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Gol, eroi e antipatia: trent’anni di emozioni

La partitissima tra Juve e Fiorentina nell’articolo de La Repubblica

Redazione VN

Non è una partita come le altre. Non può esserlo. Ci hanno provato a trasformarla in qualcosa di normale ma non ci sono riusciti. Perché la Juve è la Juve e questa sfida ci ha segnato la vita (calcistica). Nel bene e nel male. Gli striscioni, le coreografie, quel copertone di camion lanciato dalla Maratona e i cori contro Schillaci («ruba anche questo, Schillaci ruba anche questo»), gli undici conigli liberati dentro il Franchi. E le partite. Tante. Amarezze, rimpianti, piccole gioie. La memoria è piena di ricordi, frammenti di storie che abbiamo ripescato qua e là. Come quel gol di Borgonovo a tempo scaduto, era il 1989. Gennaio per la precisione. La Fiorentina vinse 2-1. Indimenticabile. Ora quel pallone è conservato in una teca sotto la curva Fiesole, regalo di Stefano Borgonovo e sua moglie Chantal.

Due anni dopo, era aprile, nella Juve che arriva al Franchi c’è Roberto Baggio. La sua prima volta da ex. Partita difficile, giocata sui sentimenti. Baggio si rifiuta di calciare un rigore, al suo posto va De Agostini e Mareggini para. Vince la Fiorentina, gol di Fuser. Lo stadio si alza in piedi quando Baggio viene sostituito, dalla tribuna vola in campo una sciarpa viola e Roberto se la mette al collo. Un altro calcio, ma chi c’era non ha mai dimenticato. L’orgoglio di essere Firenze. Che partite. E che botte. Sempre nel ‘91, alla prima di campionato, la Juve batte la Fiorentina con un gol di Casiraghi. Succede di tutto. Mareggini gli calpesta la faccia e si becca tre giornate di squalifica (Casiraghi aveva colpito Pioli con una gomitata al viso), tribune danneggiate, seggiolini che volano in campo, 40 milioni di multa alla Fiorentina e Zeffirelli, consigliere della società viola, deferito e poi cacciato dal cda dopo un’intervista a Repubblica in cui dice: «Stanno facendo pastette per far vincere lo scudetto alla Juventus». Firenze il giorno dopo si sveglia scossa. Il sindaco era Giorgio Morales.

Vittorie e sconfitte. Come quella volta (1994) che Del Piero si inventò un gol straordinario, esterno destro al volo su lancio di Vialli, che inchiodò la squadra viola all’ennesimo ko. Avanti 2-0 con i gol di Baiano e Carbone, poi la rimonta bianconera con doppietta di Vialli e magia di Del Piero. Era una Juve fisicamente bella robusta quella, sulla quale in seguito è affiorato qualche sospetto ma nessuna certezza. E la storia è finita lì. Mentre la storia con la Fiorentina continua. Nel 2001 sulla panchina viola c’è Terim. L’Imperatore. C’è aria di impresa. La sua squadra gioca bene a calcio e diverte. Ha già battuto l’Inter, batterà anche il Milan. È la Fiorentina di Rui Costa, di Chiesa, di Nuno Gomes. È la Juve di Zidane. La squadra di Terim gioca un primo tempo perfetto, Rui è impressionante. Gol di Chiesa, raddoppio di Nuno. Poi arrivano i bianconeri. Prima Conte (già...), poi due volte Inzaghi, la prima su rigore. Infine il pareggio di Chiesa, su punizione. E arriviamo al 2008, con Prandelli, e a quel gol di testa di Osvaldo che ha portato la Fiorentina in Champions. Finì 3-2 e uno dei due gol della Juve lo segnò Sissoko, che ora gioca nella Fiorentina però sabato non ci sarà. Peccato, perché avrebbe fatto comodo. Finiamo con lo 0-5 dell’anno scorso. Una vergogna. Un’umiliazione. Il punto più basso della gestione Della Valle. Ma da lì è ricominciato tutto.

Giuseppe Calabrese - La Repubblica