Piedi latini e testa anglosassone. Ma che vuoi di più? Un po’ di fortuna, certo, perchè quel maledetto ginocchio gli ha spezzato la carriera in due. Ma Pepito non ha paura di niente: di partire, sperimentare, lottare, soffrire, aspettare, ricominciare. Qui, in Italia, stavolta a Firenze, stavolta nella luccicante band dei Montellas. Benvenuto mister Rossi, tra le braccia di una città che già ti vuole bene e saprà attendere il tuo rientro nel calcio con pazienza e con amore. Due mesi, più o meno. E va bene così. Perché sei un fenomeno: dribbling e sinistro impietoso. Più quella testa da Premier League. Ti buttano giù e ti rialzi.
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Giuseppe Rossi, il colpaccio
L’articolo di Benedetto Ferrara
Perdi il pallone e rincorri l’avversario. Firenze voleva un segnale forte nel momento più bello. I Della Valle hanno risposto con uno di quelli che tra le tv e i bar chiamano top player. Un top che a soli ventisei anni ha posato la valigia e i sogni ovunque. Lui, ragazzo del New Jersey. Da Parma a Manchester, alla scuola di mister Ferguson, un guru del calcio che vedeva in lui qualcosa di speciale. Un ragazzino da 42 gol nel campionato Primavera inglese. E allora ecco Rossi che a diciotto anni si infila la maglia da titolare di una delle squadre più forti del pianeta. Quanti rimpianti a casa nostra. Quel talento finito altrove per colpa di un Parma indebitato e di un campionato che nei giovani credeva poco o nulla. Pepito l’emigrante, padre abruzzese e mamma del molise volati a cercare fortuna non lontano da New York. Un karma da viaggiatore, con quella faccia da ragazzo per bene che lascia fuori dalla sua stanza gossip e discorsi inutili.
Genio e regolatezza. Punto. E il vecchio Fergie stravede per lui. Ma per farsi largo tra Van Nistelrooy, Rooney e Saha serve un miracolo. Così Pepito prima salta a Newcastle e poi torna a Parma, senza fare quello che si crede chissà chi. Gol (9 in 19 presenze) e prelibatezze da primo della classe. Parma sano e salvo, ma il suo futuro è altrove. Perché c’era una volta in America. E poi in Italia e Inghilterra. E adesso, a soli 20 anni, Pepito si imbarca sul sottomarino giallo del Villareal. La Liga crede in lui. E lui, come al solito, non tradisce. La sua stagione perfetta è quella 2010/2011: 32 reti in tutte le competizioni. Perché poi Pepito ha vissuto Champions ed Europa League. Fronte inglese e fronte spagnolo. Un giovane con l’aria vissuta del veterano. Ecco perché un’altra grande si fa sotto. Ecco perché dopo Alex Ferguson spunta Pep Guardiola e il suo Barcellona padre del calcio perfetto. Poi però va a finire che il Barca preferisce Sanchez. Ma Rossi non si dispera. Lui è presente e futuro. Anche della nazionale di Prandelli, il ct che lo aveva sognato in maglia viola e che adesso lo vuole leader del suo attacco tutto tecnica e velocità. Perché Pepito è un piccolo fenomeno multiuso. Può fare la seconda punta. Ma anche il trequartista. O il centravanti. Per lui nessuno problema. E lui la trafila azzurra se l’è fatta tutta, Olimpiadi comprese. Gli Europei d’Ucraina e Polonia erano il primo grande obiettivo. Niente da fare. Un lungo stop e a un soffio dal ritiro ancora quel maledetto ginocchio che fa crack. Solidarietà sincera e pacche sulle spalle per lui, in attesa del suo ritorno. Intanto il sottomarino giallo è affondato, mentre lui lavora per il rientro dall’altra parte dell’oceano. Poi un giorno si presenta Pradè a casa sua: una cena e molte parole sulla squadra più brillante d’Europa. Ieri l’ accordo e il volo verso l’Italia, le visite mediche e probabilmente domani anche gli applausi del Franchi. E mentre Borja Valero e Gonzalo Rodriguez twittano messaggi di benvenuto per il compagno ritrovato («Gracias amigo. Un abrazo grande crack» risponde lui) , Pepito si prepara alla nuova avventura in una città già pronta ad amarlo come si ama un sogno vivo, eccitante, ambizioso. Nuovo.
Benedetto Ferrara - la Repubblica
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