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Freddo e deciso tra conti e sogni, storia di Cognigni

Manager discusso ma ritenuto importante dai Della Valle: è l’esecutore della società

Redazione VN

«Razionale, pragmatico, introverso, generoso e irascibile». In due parole: Mario Cognigni. Fu lui stesso, in un’intervista concessa a Repubblica nel febbraio del 2007, a definirsi così. Cinque mesi prima, più o meno, aveva assunto la carica di vice presidente della Fiorentina. Nel settembre del 2009 poi, dopo le dimissioni di Andrea Della Valle, la “promozione” a presidente. Basterebbero quelle cinque parole (forse) per capire come mai una parte di Firenze abbia deciso di prendersela con lui. Son tutti aspetti (tranne la generosità) che mal si sposano col tifoso. Il tifoso è passione, sentimento, istinto. Molta pancia e poca testa. Questione di scarso feeling, per intendersi.

Del resto le ultime vicende parlano abbastanza chiaro. Sembrava un confronto a due. Da una parte Vincenzo Montella, dall’altra la famiglia Della Valle. Invece no. La Curva Fiesole (con quel comunicato scritto poche ore prima della gara col Parma) ha invece deciso di sparare alzo zero proprio su Mario Cognigni. Una scelta curiosa, anche perché, come ha sottolineato lo stesso Adv, «chi attacca il presidente esecutivo attacca la proprietà ». La domanda, quindi, è molto semplice. Quei tifosi ce l’hanno con la “famiglia”, o davvero hanno “semplicemente” messo nel mirino Cognigni? Rispondere è difficile, ma di certo il personaggio in questione non è tra i più amati. Anzi.

D’altra parte svolge un compito che difficilmente ispira simpatia. Eppure, che piaccia o no, funziona così in tutti i posti di lavoro. C’è una mente (solitamente il proprietario dell’azienda) ed un braccio. Cognigni, di fatto, è questo. Un esecutore. O qualcuno pensa che possa agire contro il volere dei fratelli Della Valle? Da qua, appunto, la replica di Adv.

Torniamo al ruolo svolto però, e ai motivi di questo scontro. Un ruolo forse scomodo. Sicuramente necessario. E’ l’uomo dei conti. «Razionale, pragmatico ». Chi ricopre quell’incarico non può permettersi di lasciarsi andare al trasporto della passione anche se, all’esterno, può apparire come una specie di killer dei sogni. Soltanto così si può diventare una società sana, spesso presa a modello, e al riparo da crack tipo Parma o, per stare alla strettissima attualità, da mancate concessione di licenze Uefa come successo al Genoa. Traduzione. Montella vuole un giocatore? Pradè (e fino all’addio anche Macia), ha il dovere, di individare il profilo giusto, di valutarne caratteristiche tecniche, fisiche e mentali. Alla fine però, bisogna far quadrare i conti, e l’ultima parola spetta a Cognigni.

La gente però (o parte di essa) imputa allo stesso di «non essere uomo di calcio». Anche perché, in alcune situazioni, è parso che il presidente esecutivo non si sia limitato ad autorizzare o meno un’operazione, ma sia entrato in gioco in prima persona anche in sede di trattativa. Infatti non è un mistero che su qualche affare (tra l’altro brillante) ci sia il timbro presidenziale. Non c’è bisogno di andare troppo indietro nel tempo. Basta tornare a gennaio, e alla cessione di Cuadrado al Chelsea.

E’ stato Cognigni (con la collaborazione di qualche agente) a condurre la trattativa. E se dal punto di vista tecnico si può discutere all’infinito, altrettanto non si può fare sotto il profilo economico. Circa 30 milioni di euro, più il prestito (con diritto di riscatto) di Salah. Un capolavoro, anche se altre voci raccontano di un egiziano arrivato quasi per caso. «Il Chelsea l’ha inserito nell’offerta, e la Fiorentina lo ha preso», ha raccontato recentemente a Repubblica Eduardo Macia.

Probabilmente, per farla breve, il presidente esecutivo viene accusato (forse non solo dai tifosi) di non lasciare abbastanza autonomia di movimento all’area tecnica.

E poi ancora, la comunicazione. Fu Cognigni, nel novembre scorso, a parlare dei tifosi come “clienti”. Un termine che gli è stato rinfacciato anche nel comunicato dell’altro giorno.

Si torna sempre lì. «Razionale, pragmatico». Come quando, secondo alcune ricostruzioni, nel febbraio del 2010 disse a Prandelli che poteva sentirsi libero di trovarsi un’altra squadra. Ora, probabilmente, ci risiamo. Perché ad ogni momento critico lui c’è, e non potrebbe essere altrimenti. «Razionale, pragmatico, introverso, generoso e irascibile ».

Ai Della Valle, probabilmente, serviva (e serve) un uomo così.

Matteo Magrini - la Repubblica