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Firenze, Roma e Napoli: come cambia la geografia del calcio

L'articolo di Crosetti su La Repubblica

Redazione VN

A seguire vi proponiamo il pezzo di Maurizio Crosetti su La Repubblica:

Firenze, Roma, Napoli che risale e appena mezza Milano, quella nerazzurra. Il campionato sta spostando la sua geografia? Sembrerebbe di sì. La lontananza di mezza Torino, quella bianconera che tuttavia sta tornando, e la spaventosa crisi del Milan sono responsabili di una certa perdita di peso da parte del nord, cioè della tradizione: dal 2002, del resto, lo scudetto è andato solo a Torino oppure a Milano. Adesso, invece, il centro-sud, più centro che sud, reclama diverso spazio, attenzioni, punti.

Il merito principale è della Fiorentina, una realtà che sorprende prima di tutto se stessa. In una stagione cominciata tra le contestazioni dei tifosi, che imputavano alla famiglia Della Valle un’eccessiva morigeratezza mercantile, e con i molti interrogativi su un allenatore quasi debuttante come Paulo Sousa, i risultati (cinque vittorie consecutive, ormai, compresa la goleada di San Siro contro un’Inter fino a quella sera imperforabile) hanno imposto una situazione molto diversa. Strana squadra, la Fiorentina. Non ha fenomeni, è piuttosto rinnovata ma gioca a memoria, ancora attende il suo campione più scintillante e sfortunato, Giuseppe Rossi, ma intanto esprime una verve slava che nel calcio è quasi sempre sinonimo di genio. Ilicic e Kalinic sono i creativi, le “ic” dentro un gruppo multilingue a spiccato estro latino, guidato da un portoghese cresciuto in Svizzera. In teoria, una Babele. In pratica, una sorta di “Google traduttore” che interpreta ogni parola e la colloca all’interno di frasi perfette, musicali. Perché la Fiorentina è anche bella da vedere, non solo redditizia (l’imprinting discende da Montella).

Diverso il caso delle romane, in alta classifica a dispetto delle critiche, dei fischi, dei malumori e di un rendimento non proprio regolare. I tifosi della Lazio contestano Lotito, quelli della Roma fischiano Garcia, eppure il campionato sta dicendo che la Lazio è terza e la Roma quarta. Una conferma del passo dell’anno scorso, quando la Roma seconda e la Lazio terza espressero l’unica, pallida opposizione alla Juventus. La Roma ha poi speso più della Lazio, intervenendo nella struttura della squadra soprattutto in attacco, e ora insegue non soltanto i risultati ma una maggiore serenità ambientale, la stessa a cui aspira la Lazio: solo così, forse, si potrà evitare che una vittoria diventi un trionfo e una sconfitta una tragedia. L’equilibrio necessario alla Roma del calcio non è solo dei risultati, semmai quello della stessa città e del suo modo sempre estremo di vivere il calcio.

Nell’inedita garzantina del campionato, il Napoli sta ritrovando i confini che le appartengono da qualche anno, da quando (2013) provò a lottare con la Juve per lo scudetto, senza dimenticare le imprese europee con Mazzarri, Cavani e Lavezzi. Ora alla guida c’è la più grande scommessa della serie A, ovvero Maurizio Sarri: lo scetticismo iniziale (può, un uomo che viene dalla provincia, farsi seguire da campioni affermati, da un presidente ondivago e da una piazza molto emotiva?) sta lasciando spazio alle cataste di gol nelle porte altrui (due volte 5-0, una volta 4-0). La coppia Insigne-Higuain non ha eguali, e se il Napoli saprà essere spietato non solo contro le avversarie dirette, evitando di regalare punti alle medio/piccole, per lo scudetto ci sarà anche lui.

Ora resterebbe da capire se l’avanzata del centro-sud racconti un diverso modo di programmare, una forza strategica superiore anche ai problemi strutturali (ad esempio, a Napoli, lo stadio

San Paolo, simpaticamente definito da De Laurentiis “un cesso”), oppure se sia frutto del momento, del caso che comunque governa sempre gran parte dei destini di un pallone, anche se non tutti. Pensiamo che non tutto questo possa essere un’anomalia, però le uniche risposte credibili verranno incolonnate in classifica, cominciando da Napoli-Fiorentina, alla ripresa del campionato. E in classifica regna l’aritmetica, non la retorica o la filosofia.