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Ferrara scrive: “Ciao Mondo, un cuore viola pane e salame”

Se quel gol di Fantini che decise la promozione fu la sua grande conquista da allenatore della Fiorentina, la faccia tirata con cui uscì dallo spogliatoio di Udine dopo un dignitoso 2-2, raccontò il suo momento più triste

Redazione VN

Quando Gene Gnocchi arrivò al campo di allenamento per incontrare Mondonico nella speranza di potersi allenare con la Fiorentina, l’allenatore scomparì all’improvviso, perché a uno scherzo è sempre bene rispondere con uno scherzo migliore. Lo cercarono un bel po’, finché non lo trovarono nascosto nella enorme lavatrice della lavanderia.

Mondo era tanto tosto quanto imprevedibile, un padano lavoratore che guidava le sue squadre senza bisogno di chissà quali invenzioni. Lui riportò la Fiorentina in Serie A al termine della lunga rincorsa e si buttò con Diego in piscina per fare festa. Perché quella era la promozione che una città sognava dal giorno del grande buio, quella era la squadra che allenava, e che amava da sempre. Da una vita doveva venire a Firenze, lui che se capitava faceva sempre vedere la sua tessera di iscrizione al viola club Settebello. Poi, un giorno, arrivò davvero. E fu tutto molto bello, ma non affatto facile.

Mondonico era un uomo senza paura. Il suo era un calcio lontano dall’egopatia invadente. Era stato un giocatore libero di testa e dai piedi eleganti, era diventato un tecnico da battaglia, di quelli che ragionano col cuore. Ma se quel gol di Fantini che decise la promozione fu la sua grande conquista da allenatore della Fiorentina, la faccia tirata con cui uscì dallo spogliatoio di Udine dopo un dignitoso 2-2, raccontò il suo momento più triste. Era in camicia e l’addetta stampa gli disse di mettersi la giacca perché c’era la tv e la proprietà a certe cose ci teneva parecchio.

«Non sono più l’allenatore della Fiorentina», soffiò lui incupito. Già. Si era dimesso, dopo un pareggio a Udine, non dopo una sconfitta al Franchi. Mondonico aveva capito che si stava rompendo qualcosa intorno a lui, che con la tessera del viola club in tasca non poteva sopportare quella tensione. (...)

Poche settimane dopo la tragedia di Astori, Firenze perde l’uomo che riportò la squadra in Serie A, il tifoso pacato e ironico che sapeva comunicare il suo modo di intendere il calcio. Una persona terribilmente per bene che ha dato tutto quello che aveva alla squadra che amava da sempre. Uno dal cuore semplice e vero che ha combattuto contro il male per sette anni con lo spirito di chi non si arrende mai. (...)

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