Eusebio Di Francesco ama fare calcio e mandare i suoi all’attacco. È bravo, preciso, pignolo e gran lavoratore. E poi ha schemi, idee, testardaggine e lo spirito giusto per motivare i suoi. Eusebio Di Francesco ha un solo problema: allena squadre che devono salvarsi come se dovesse vincere lo scudetto. Potrebbe essere un difetto. O forse no. Perché chi ha cervello capisce. E pensa: se dobbiamo soffrire almeno tiriamo fuori da questa sofferenza qualcosa di buono. Il gioco, per esempio. Un po’ di divertimento. Facciamo esplodere giovani di talento, togliamoci qualche soddisfazione e magari, perché no, alla fine ci sta pure che possiamo salvarci. Già. In fondo adesso dietro il Sassuolo ne ha tre. Perché non pensare che il miracolo sia possibile? Eusebio Di Francesco ha quarantaquattro anni, un figlio che gioca a pallone nel Gubbio e una squadra con qualche quercia secolare e molti ragazzi di talento. Lui e Montella si somigliano molto. E sono amici per davvero. Si sono conosciuti all’Empoli, si sono ritrovati alla Roma. Dicono che i due allenino le loro squadre a far gioco e che la differenza la fa il loro passato da giocatori: Montella ricerca la qualità offensiva, il suo collega, gran lavoratore del centrocampo, la corsa. Ma ci sta che forse certe scelte siano legate al materiale a disposizione, più che al dna calciofilo. Di Francesco ama attaccare. Ma correre è un dovere. Sennò altro che quelmaledetto (o benedetto, forse, vista la reazione che ne è seguita) 0-7 con l’Inter, quello con Mazzarri che improvvisamente si era illuso di essere Guardiola.
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Di Francesco, l’altro Montella: due allenatori amici
Si sono conosciuti all’Empoli: domani saranno contro (COMMENTA)
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