Sorridente. Rilassato. L'entusiasmo che si respira intorno alla Fiorentina lo ha rivitalizzato. Camicia bianca leggermente sbottonata, un'euforia nuova. Andrea Della Valle sembra tornato indietro nel tempo, quando la Fiorentina era un modello da imitare, vinceva e piaceva. Sono passati dieci anni da quando suo fratello Diego decise di entrare nel mondo del calcio e chiamò il sindaco Domenici. Tante facce. Molti successi. Qualche delusione.
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Della Valle: “Montella? Mi ricorda Prandelli”
“Festa in autunno con i protagonisti di questi anni”. E su Aquilani…
Accanto a lui, nella sala dell’hotel Dolomiti, c’è Gino Salica, l’uomo dello start up, il primo presidente della nuova Fiorentina. E c’è Eugenio Giani, l’assessore della ricostruzione. Davanti a un piatto di tagliatelle con i funghi i ricordi scorrono. «Montella mi ricorda il primo Prandelli — dice Andrea — Ha la stessa voglia, la stessa meticolosità e la stessa determinazione ». C’è un’idea di Fiorentina nuova, anche. Una squadra che faccia divertire. «Abbiamo preso anche Aquilani, un giocatore che può far dimenticare Montolivo. Comunque mi è piaciuto quello che ha detto Riccardo in un’intervista, ci ha ringraziati». L’unico cruccio di Andrea è Jovetic. L’espressione si indurisce. «L’ho visto sereno, oggi mi ha anche sorriso. Sorprese? Spero di no. Anzi, credo di no. Con Jovetic ho parlato chiaro e mi auguro che non cambi idea». In ogni caso la Fiorentina non è disposta ad aspettare ancora molto, dopo il dieci agosto la vicenda Jovetic è chiusa per sempre. Che gli piaccia o no. «La nostra posizione è chiara, per noi Stevan è incedibile. Ed è anche la posizione di Diego ». Già, Diego. «Vedrete che lo riporterò presto allo stadio». Il tempo passa, un paio di brindisi e la serata scivola via tra le immagini — alcune un po’ sbiadite — del passato. Anche recente. «Corvino ha fatto insieme a noi la storia di questi dieci anni. Tanto di cappello per l’acquisto di Nastasic ». Ma... «Su Di Natale avevo ragione io. Tutti gli anni gli dicevo di comprarlo però lui mi diceva che era vecchio. Eppure l’anno dopo segnava sempre di più. Insieme a Prandelli — dice ancora Andrea — hanno fatto tante cose buone, però su Maggio hanno sbagliato». Vecchie storie, un’altra Fiorentina. Gli occhi di Andrea schizzano lungo il tavolo, guarda le facce, ammette: «Su Vidic la colpa è stata mia. In quell’occasione ho imparato che nel calcio le trattative vanno chiuse subito, senza perdere tempo». La Fiorentina che sta nascendo gli piace. Se la coccola. «El Hamdaoui è un buon giocatore. Ora lo vedete un po’ così perchè sta facendo il Ramadan, ma sono sicuro che farà bene. E Borja Valero me lo ricordo ai tempi del Villarreal, mi piacque subito». Si arrotola le maniche della camicia, al braccio tanti braccialetti bianchi e viola. Un po’ di polenta, un bicchiere di vino, intorno c’è una bella eccitazione.
È tardi, ormai. È l’una di notte, ma Andrea rimarrebbe qui a parlare per ore. Il clima è rilassato. Non succedeva da un sacco di tempo. Il mercato di Pradè e Macia ha ridato credito alla Fiorentina, e qualcosa da mostrare con orgoglio al suo presidente. «Pasqual capitano mi piace», ma saranno Montella e la squadra a decidere. E dai Andrea, parliamo di obiettivi. Sorride di nuovo. «Mi piacerebbe risentire la musichetta della Champions». Ecco, Firenze ha bisogno di credere in qualcosa, di pensare che quella Europa è di nuovo possibile. «Non posso deludere questa gente». E magari di avere anche uno stadio nuovo. «Un passo dopo l’altro si va avanti, le cose vanno meglio di sei mesi fa. Ovviamente non sarà una cosa rapida, ma l’importante è che ci sia la volontà da entrambe le parti». Quella c’è, come c’è entusiasmo (prudente) da parte dei tifosi. «Faremo una grande festa in autunno con tutti i protagonisti di questi dieci anni. Vogliamo festeggiare insieme alla nostra Firenze». Hanno anche provato a portarli via da qui, ma i Della Valle hanno sempre detto di no. «Dalla Roma all’Osimana qualche tentativo di offrirci altre società c’è stato — ammette — ma noi chiuderemo con Firenze e la Fiorentina la nostra esperienza nel calcio».
Giuseppe Calabrese - la Repubblica
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