Dicono che i romagnoli siano i brasiliani d’Italia e le somiglianze ci sono. Il loro sambodromo è casa Casadei, la loro batida il sangiovese e al posto del Corcovado hanno il Grand Hotel, bianco, immobile e ad abbracciare la città proprio come il Cristo che domina Ipanema. A fare carnevale, poi, ci pensano da sempre i bagnini castiga-turiste modello Zanza. Anche per tutto ciò Delio Rossi versione fiorentina appare un romagnolo contronatura: dove gli altri hanno il ritmo, lui ha le geometrie; dove c’è allegria, lui esige disciplina; dove trionfa l’euforia lui impone ortodossia. Non sarà un Padre Pio, ma di certo il suo approccio allo sport molto mutua dal monastico.
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Delio allena una squadra che non si diverte
Dicono che i romagnoli siano i brasiliani d’Italia e le somiglianze ci sono. Il loro sambodromo è casa Casadei, la loro batida il sangiovese e al posto del Corcovado hanno …
Epperò: se c’è una dote che fin qui lo aveva fatto brasiliano d’Italia, era proprio la tendenza delle sue squadre al gioco d’attacco. Come Zeman, anche il suo schema comprendeva tre attaccanti, tre centrocampisti, due terzini-ali e due collaboratori dell’attacco avversario. Poi, col tempo, un po’ s’è corretto in chiave difensiva. Ciò non gli ha impedito lo stesso qualche rovescio, come i 7 gol che l’Udinese rifilò al suo Palermo. Ma in fondo sono i rischi che si corrono col calcio caipirinha, suo marchio di fabbrica. Per questo fin qui il suo approdo a Firenze in qualche modo stupisce.
Non tanto per l’aria contrita con la quale attraversa la vita: lo sguardo triste come una canzone di Sergio Endrigo, Delio lo ha sempre avuto anche nei momenti del trionfo. Ciò che invece non aveva precedenti è la tristezza complessiva che spesso la sua Fiorentina ha mostrato. E’ vero: per il calcio sambato aiuta più avere in rosa Romario o Edmundo che non il plumbeo Kharja o lo scellerato Romulo. Ma la squadra viola versione Rossi fino ad adesso è parsa comunque una formazione femmina che sembra non divertirsi a giocare. Bloccata nelle emozioni, paurosa nelle giocate, timida nell’approccio alla gara soprattutto quando lo scenario è quello casalingo del Franchi. Ora.
Firenze negli ultimi anni ha mostrato una pazienza biblica con i suoi allenatori, arrivando a sopportare per un anno e mezzo senza sporgere querele persino il calcio-non-calcio di Mihajlovic, improponibile come un comizio del Trota. Sarebbe ingiusto non averla anche con Delio, visto quanto ha fatto in altre piazze che ancora lo rimpiangono. Il guaio è che in questo momento più della pazienza incombe la classifica. Perchè questa è Italia e non Brasile, terra pragmatica prima che sognatrice. E senza punti salvezza da fare alla svelta, qualsiasi samba per quanto colorato apparirebbe un tantum ergo. Nonostante Casadei, il sangiovese e persino lo Zanza.
Stefano Cecchi - la Nazione
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