Lo slogan potrebbe essere: “Almeno divertiamoci”. Catania e Fiorentina si somigliano e certo non è un caso se hanno condiviso affari e allenatori. Inutile dire che quella di Montella è una versione lussuosa di un’idea comune, e anche che gli obiettivi sono diversi, come d’altra parte le piazze e i relativi investimenti. Però il senso dello slogan regge. Sì: “Almeno divertiamoci”. E facciamo divertire i tifosi.
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Dai tecnici al mercato, Catania come sei vicina
L’articolo di Benedetto Ferrara
Ma se la Fiorentina è tornata su questa linea costretta da due anni e mezzo di semiabbandono e di noia mortale, i siciliani, tra momenti d’oro e periodi decisamente meno brillanti, da un bel po’ rappresentano degnamente il marchio “poveri ma belli”, seguendo una strada fatta di un paio di certezze. La prima: allenatori affamati. La seconda: fantasia sul mercato, quello gestito fino alla stagione scorsa da Pietro Lo Monaco, personaggio decisamente originale (molti lo ricordano con lampi di terrore) ma anche capace di andare a scovare giocatori sconosciuti o quasi per farne dei gioiellini della Serie A. Un mese all’anno in Argentina, ottimi rapporti con quel marpione di Jorge Cysterpiller (agente potentissimo e di lungo corso) e andare a pescare giovani giusti a un prezzaccio non è così impossibile. Basti pensare a Mariano Izco, acquistato nel 2005 dal club atletico Tigre (terza divisione) per 90 mila dollari.
Per non dire delle plusvalenze messe a segno con Vargas e Martinez. Roba da dieci milioni a botta. Anche El Papu Gomez a Catania ha trovato un campo dove mettersi in mostra. E che nessuno dica (come si fa a proposito di Udine) che è facile far bene in una piazza tranquilla, perché in quanto a polemiche, passione e pressioni Catania non è certo una città calcisticamente frigida. E se l’effetto Montella ha funzionato alla grande, il dopo aeroplanino ha la faccia meno giovane ma altrettanto affamata di Rolando Maran (classe ’63), uno che a Varese era riuscito a mettere in mostra un bel gioco e delle qualità su cui scommettere. Lui ha spostato di poco i concetti di calcio figli di Montella. Stesso 4-3-3, con Berghessio punta centrale e due giocatori veloci e tecnici (Gomez e Barrientos) sugli esterni. Lo stesso Maran parla di squadra più raccolta che in passato. Ma forse anche meno dedicata al pressing alto, quello che l’attuale allenatore della Fiorentina ama far praticare ai suoi due interni di centrocampo. Ma al di là di questi dettagli tattici, e tenendo conto che nel frattempo Montella ha anche mutato modulo passando alla difesa a tre, quello che è certo è che sia la Fiorentina che il Catania sono squadre che non amano aspettare e che, quando possono, prendono possesso della metà campo avversaria, anche se viene da pensare che Maran cercherà quelle ripartenze veloci utili a mettere in difficoltà un avversario padrone del gioco ma anche spesso sbilanciato e quindi a rischio. Immaginare una bella partita non è difficile. Palla a terra e andare. Almeno fino a quando non c’è Toni. Perché in quel caso la Fiorentina può cambiare pelle. E non di poco.
Benedetto Ferrara - la Repubblica
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