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Da Hamrin a Batistuta, le grandi semifinali viola

Che tempi quei tempi. I giorni di gloria di Vittorio Cecchi Gori, il massimo della sua esposizione mediatica, corroborata dalla Fiorentina vincente che sbanca San Siro. Febbraio 1996, doppia semifinale …

Redazione VN

Che tempi quei tempi. I giorni di gloria di Vittorio Cecchi Gori, il massimo della sua esposizione mediatica, corroborata dalla Fiorentina vincente che sbanca San Siro. Febbraio 1996, doppia semifinale di coppa Italia contro l'Inter del quasi neofita Moratti. Ranieri sa di avere tra le mani una grande macchina e non fa troppi calcoli: la domenica e il mercoledì (perché all'epoca, e sembra un secolo fa, si giocava solo la domenica e il mercoledì) vanno in campo quasi sempre gli stessi e non gli si può dare torto. All'andata al Franchi fa tutto Batigol, un tripletta da sballo con Pagliuca afflitto, trafitto e depresso, ma è il ritorno il gran giorno cecchigoriano. Si gioca il 28 febbraio, poche ore dopo si aprono le buste per l'assegnazione dei diritti in chiaro del calcio e Vittorio mette a segno una doppietta epocale. Un pallonetto del solito immenso Re Leone riporta dopo ventuno anni la Fiorentina in una finale di Coppa Italia (nel 1975 la formula era diversa, a gironi) e un'offerta incredibile assegna per il triennio successivo il pallone a Tele Montecarlo. Peccato che fosse tutto un bluff, ma questo si scoprirà solo dopo.

La Fiorentina invece per fortuna in quel momento è bella solida, anche perché Vittorio se ne occupa il giusto, e la stagione si conclude trionfalmente con un terzo posto e la vittoria a Bergamo festeggiata allo stadio il 18 maggio alle tre del mattino da quarantamila tifosi.

Quattro anni dopo la semifinale di Coppa Italia è già meno affascinante e assomiglia di più alla sfida inedita contro l'Udinese. Ci sarebbe da superare un onesto Bologna che al Dall'Ara non vede palla e viene strapazzato per due a zero. I problemi arrivano tutti insieme al ritorno e quella che doveva essere una semplice formalità diventa un incubo. Un doppietta di Binotto manda le squadre ai supplementari, nonostante il freddo quasi polare del febbraio 1999 in panchina Trapattoni suda, strepita, inveisce. In qualche modo rimediano Repka e Rui Costa (su rigore) e la finale, che verrà poi persa contro il Parma, è salva.

Poi c'è il romanzo Terim, un avvincente fumettone viola che inchiodò i tifosi alla radio per ore e giorni per capire se avrebbe o no rinnovato. Tra una seduta e l'altra del match tra l'Imperatore e Cecchi Gori (i due si detestavano, ma non potevano e non dovevano dirlo), nel gennaio e febbraio del 2001 la Fiorentina comincia ad avvitarsi in campionato, ma continua a volare in Coppa. Ci sono comunque in programma tre partite in ventun giorni col Milan, comprese le due di semifinale. Lo score complessivo spiega meglio di ogni altra cosa il perché poi Terim sia finito a Milanello: 8 gol fatti e 2 subiti, due vittorie e un pareggio, rossoneri umiliati e viola pronti per la conquista del loro ultimo trofeo.

Una cosa del genere capitò anche nel 1966, anno bellissimo della storia gigliata. Sono le stagioni della Fiorentina ye-ye che per arrivare alla finale dell'Olimpico contro il coriaceo Catanzaro elimina in poche settimane prima il Milan ai quarti e poi la grande Inter di Herrera in semifinale, con un memorabile gol all'ultimo minuto di «Uccellino» Hamrin. C'è invece sempre la Juve nel destino dei due primi trofei vinti nel 1940 e nel 1961. Due grandi semifinali e altrettante vittorie contro le maglie bianconere, le stesse che indosserà l'Udinese domani sera...

David Guetta - Corriere Fiorentino