Il "Corriere Fiorentino" propone un paragone a distanza tra un campione della storia viola come Julinho e una delle stelle della Fiorentina attuale cioè Cuadrado. Un pezzo a firma Sandro Picchi di cui vi riportiamo i passaggi più significativi.
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Cuadrado e Julinho, così uguali, così diversi
Un bel confronto tra i due campioni viola. L’articolo del Corriere (COMM.)
Julinho aveva il baffo seducente alla Clark Gable, un velo di malinconia nella pupilla e l'aria da cavaliere solitario: dopo aver segnato un gol voltava il cavallo e riportava a centrocampo la sua seria contentezza. Quando i compagni lo festeggiavano, con le amichevoli ma contenute maniere di quei severi tempi, abbozzava un lieve, artistico sorriso. Non si compiaceva della sua bravura, non aveva mai un moto di stizza verso i compagni né un gesto di reazione verso gli avversari. Dell'arbitro non si curava. Insomma, un gentiluomo. Julinho era robusto, di gamba regolarmente arcuata, veloce e resistente. Partiva da metà campo facendosi appoggiare il pallone di piatto da Chiappella. Nei primi metri giocava per la platea, negli ultimi metri giocava per la squadra. Il suo scopo non era segnare, ma mettere i compagni in condizione di segnare. Quando arrivava vicino alla linea di fondo centrava basso con forza: bastava un tocco ed era gol. In apparenza giocava per conto suo, nella sostanza era un altruista.
Cuadrado è il contrario esatto di Julinho. Ha l'aria da Pierino colombiano, un fisico leggero e una corsa che, come succedeva a Julinho, si fa sempre più veloce via via che si avvicina alla porta. Come Julinho, anche Cuadrado ha la naturale, prodigiosa capacità di migliorare il controllo della palla con l'aumentare della velocità. Come Julinho, inizia spesso l'azione da fermo, con una maniera che davvero ricorda il caracollante inizio dei movimenti di Julinho, una maniera che è semplicemente fingere di scattare per scattare soltanto dopo aver mandato fuori tempo l'avversario. Nel gioco di Cuadrado si compongono una misteriosa, strisciante vena di allegria e un tocco quasi involontario di improvvisazione. Cuadrado gioca per il gusto di giocare, se poi tutto questo fa il bene della squadra, oltre che procurare al lui il divertimento, tanto meglio, ma lo scopo principale sembra quello di trasferire, si suppone incosapevolmente, nel calcio del massimo e brutale professionismo, i parametri, il gusto, perfino le esagerazioni delle interminabili e — per tutti quelli che le hanno giocate, indimenticabili — partite nelle piazzette, negli oratori, nei cortili. In questo spensierato mescolare l'altruismo e l'egoismo, il gioco individuale e quello di squadra, in questo modo di interpretare il calcio per quello che più non è — un gioco — in tutto questo Cuadrado se non è unico nel panorama del calcio mondiale, poco ci manca.
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