Se il terzino non ce l’hai, il terzino te lo inventi: ci piazzi l’attaccante e il gioco è fatto. Fiorentina-Roma è stata anche, se non soprattutto, Gervinho contro Bernardeschi. Paulo Sousa e Garcia la studiano a scacchi e ne esce una roba strana. Una roba mai vista: Bernardeschi ha il 10 sulle spalle ma vive un happy hour col vestito di Marcos Alonso. Gervinho si ritrova così profondamente terzino che viene da chiedere perché fin qui non l’abbia mai fatto, perché fin qui i suoi ripiegamenti difensivi a Roma avevano più o meno la stessa frequenza di una nevicata. Finisce che nevica davvero. Finisce che il duello tra i due «terzini per un giorno» lo vince Gervinho, la vera faccia della partita, maschera di una Roma che scientemente lascia il possesso palla alla Fiorentina — alla fine sarà addirittura 70,8% contro 29,2 per i viola —, per poi allungare le folate dell’ivoriano di qua e dell’egiziano Salah, che tutto il mondo fischia, di là.
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Così mi creo il terzino: Bernardeschi murato, un grande Gervinho
La prova dei due giocatori analizzata dalla Gazzetta
Più bassi si cresce Il piano di Garcia funziona: Roma bassa, Roma umile, Roma spietata. Che il gol del raddoppio lo faccia Gervinho dopo uno sprint da ottocentista è casuale, perché il posizionamento sull’angolo della Fiorentina è degno di un minuto 88 di una partita — tutti all’attacco alla ricerca del pareggio —, non certo nel pieno di un primo tempo con una vita da giocare davanti. Bernardeschi, al contrario, non ha mai abbastanza campo davanti. Cerca l’uno-due con Borja Valero che arriva solo una volta nella ripresa, cerca un fondo che trova abbastanza — 6 i suoi cross alla fine, nessuno come lui in campo — ma non al punto da far male. Nel primo tempo non sfonda mai, perché la Roma gli ha costruito un muro davanti: dove non c’è Nainggolan c’è Florenzi, dove non c’è Florenzi ecco sbucare i raddoppi costanti di Gervinho. L’ivoriano gioca 89 minuti quasi perfetti, prima di mettersi seduto in panchina. Intercetta e recupera 6 palloni, raddoppia, triplica e chiude una fascia potenzialmente letale per la Roma. Nel campionato scorso la sua totale assenza nella fase difensiva della squadra l’aveva pure messo nell’angolo di uno spogliatoio che cominciava a chiedersi se fosse davvero necessario giocare ogni partita della stagione con l’ivoriano. Firenze è una prima assoluta, in questo senso. Dodici passaggi positivi a fronte di tre negativi, due cross, una sponda, il gol del raddoppio, il piede sul possibile terzo che Bernardeschi — sì, proprio lui — nega sulla linea a Pjanic. Esemplare quell’azione del secondo tempo, che mette sul campo il piano tattico di Garcia: c’è Ddzeko lì davanti, il pallone si può alzare, semmai sarà lo stesso bosniaco a controllare e lanciare le due frecce ai lati. Già, perché Salah sulla sinistra fa il doppione di Gervinho, prendendo la targa di Blaszczykowski senza perderla più di vista. Il gioco è fatto, la Roma difende in sei, Florenzi e Digne possono accentarsi e aiutare i due centrali, tanto sulle fasce c’è chi fa bene il mestiere.
Troppo poco Mestiere che Bernardeschi mastica a lungo prima di digerire: 16 palle perse, peggio nella Viola solo Ilicic e Borja Valero, che però giocano più palloni di lui. Va un po’ meglio quando si avvicina la doccia: triangolo con Borja Valero — è il minuto 22 della ripresa — ma Szczesny è attento. Così l’aveva pensata Paulo Sousa, il giochino è però riuscito solo una volta. Merito anche dell’ivoriano, per un giorno terzinho .
La Gazzetta dello Sport
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