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Corriere Fiorentino: Pioli, un allenatore sottovoce

Certe storie che restano nel cuore possono nascere per caso, lateralmente a quelle che vanno in prima pagina. Stefano Pioli arrivò a Firenze insieme a Iachini e Volpecina come «acconto» …

Redazione VN

Certe storie che restano nel cuore possono nascere per caso, lateralmente a quelle che vanno in prima pagina. Stefano Pioli arrivò a Firenze insieme a Iachini e Volpecina come «acconto» della dolorosissima partenza di Roberto Baggio dodici mesi dopo e fu subito feeling. Non un amore travolgente, quello no, ma un reciproco volersi bene che dura ancora oggi, venticinque anni dopo.

Non contano tanto le sei stagioni in viola, così piene di tutto quello che il calcio può offrire nel bene e nel male, ma una serietà di fondo che i fiorentini hanno sempre riconosciuto all’attuale allenatore della Lazio. Uno che avrebbe pure il phisique du role per stare con i Della Valle e occupare quella panchina viola, che in effetti intravide da lontano nel 2010 e nel 2012, quando invece gli furono preferiti prima Mihajlovic e poi Montella.

Mai una parola fuori posto, mai una polemica nemmeno quando è stato esonerato palesemente per colpe che non erano sue, a Palermo (Zamparini non gli fece nemmeno iniziare il campionato) e qualche mese fa a Bologna, e poi si è visto come è andata a finire. È bravo, ma non fa nulla per gridarlo, insomma non si auto-promuove. Aspetta che lo dicano e lo pensino gli altri e non è che questo aiuti molto nel mondo del calcio. Quando giocava era la stessa cosa: affidabile, dinamico, pure propositivo in appoggio, ma sempre ai margini della ribalta, tranne una volta.

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