Arrivato insieme a Edoardo Macia per ricostruire una squadra salvata in extremis da Vincenzo Guerini (guarda caso al termine dell’esperienza di Corvino), Pradè - scrive il Corriere Fiorentino - lascia una Fiorentina costruita principalmente nel suo primo anno di gestione, con molti elementi che hanno contraddistinto la stessa squadra allenata in questo ultimo anno da Paulo Sousa. Alonso, Gonzalo Rodriguez, Mati Fernandez, Ilicic e Borja Valero rappresentano infatti quel «gruppo storico» costruito mentre Montella, nel suo primo ritiro a Moena, dettava la lista dei partenti. Storie di serate trascorse un po’ troppo sopra le righe (rifacendosela con quale pernice appesa al muro) ma entrate di diritto nella memoria dei tifosi. Fu in quei giorni che Pradè architettò la Fiorentina del futuro insieme a Macia e Montella. Portando subito a Firenze Viviano, Lupatelli, Roncaglia, Pizarro, Aquilani, Toni, Cuadrado e dimostrando buone abilità anche nelle cessioni visto l’affare Nastasic fruttato 16 milioni e Savic, o quello per Gamberini e Behrami finiti al Napoli per altri 10 milioni. Fin troppo disponibile con la stampa (almeno per i gusti societari), mai polemico nonostante col tempo la sua autonomia sia andata diminuendo, fu lui a stupire tutti nel primo giorno del suo primo mercato invernale con il colpo Giuseppe Rossi, anticipando l’altra operazione monstre che di lì a poco avrebbe portato a Firenze Mario Gomez. Scommesse importanti, poi rivelatesi perdenti, ma che restano il marchio della gestione Pradè.
stampa
Pradè, l’asse con Montella e i rimpianti per Rossi e Gomez
I primi colpi, le scommesse e il flop di gennaio
Una gestione contraddistinta da qualche flop (Larrondo e Iakovenko, o ancora Sissoko e Anderson per arrivare alle ultime operazioni sul fil di lana per Kone e Benalouane), da più di un rinnovo importante come nei casi di Babacar, Bernardeschi, Alonso e Vecino, ma anche dall’abilità di mettere sempre la faccia nel proprio lavoro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA