E’ successo domenica scorsa, al tramonto di Fiorentina-Inter. Mentre i nerazzurri vagavano storditi per il campo, annientati da una squadra viola travolgente, dagli spalti è partito un coro meraviglioso nel suo spietato cinismo: «Il pallone è quello giallo / il pallone è quello giallo». Se il genio, nella definizione del Melandri, è fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione, c’è qualcosa di geniale che emerge carsicamente dagli spalti viola. Come se la grande tradizione ironica della città, che parte dal Boccaccio e arriva a Pieraccioni passando per Ghigo Masino, Alfredo Bianchini e Paolo Poli (i più giovani vadano a informarsi su chi sono) avesse contagiato benevolmente il cemento del «Franchi». Quanti striscioni geniali nella loro perfidia ha prodotto la curva.
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C’è del genio in quella curva
Storia di striscioni e cori meravigliosi in Curva Fiesole
Dal fantastico «Voi comaschi, noi con le femmine», mostrato ai tifosi del Como, al «Gualdo ma non ti vedo» esposto nella cittadina umbra ai tempi della C2, per finire al «Siete brutti come la Multipla» rivolto ai tifosi juventini. Una sorta di genialità crudele che non ha risparmiato nessuno. Né qualche giocatore viola («Lobont gatto subito»), né qualche presidente amato e poi odiato («Vittorio, sei come l’uranio... impoverito») né le città cugine della Toscana (a Empoli: «Ma lo stadio che l’avete preso all’Ikea?»; a Siena: «Vu avete più contrade che punti in classifica»; a Prato: «Folza Plato»). Ora: queste ultime, benedette anch’esse dal genio della beffa toscana, hanno saputo produrre ironie analoghe. Non è capitato con altre città e altri e personaggi messi nel mirino della curva.
Memorabili, in questo senso, alcuni striscioni contro la nemica storica Juventus («Dopo l’Epo e l’Ape ora Lapo») o alcuni allenatori bianconeri («Meglio calvo che Capello»; «Conte, unn’è un ritorno e l’è un riporto»; «Non sei Conte, sei Duca. Du’capelli»). Genio cattivo da mostrare allo stadio. Come se, dopo la chiusura del «Male» e di «Tango», la satira popolare avesse trovato nelle tribune una sorta di nuovo tazebao. Ma in ciò, forse il meglio del genio creativo la curva viola lo ha espresso quando dall’ironia è passata alla fantasia e alla tenerezza. Non solo quella coreografia fantastica con cui la Fiesole ricostruì il profilo monumentale della città (roba da far impallidire Andy Warhol e Cattelan) ma, soprattutto, quando a San Siro nel giorno della morte di Bartali apparve il seguente striscione: «Vai Gino, ora che sei lassù fatti rendere da Fausto la borraccia». Di scudetti calcistici Firenze (e la Toscana) non ne ha vinti molti. Ma per ironia e fantasia, Firenze (e la Toscana) ne merita almeno trenta sul campo.
Stefano Cecchi - La Nazione
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