FORSE servirebbe un applauso prolungato, un coro dello stadio, qualcosa che scaldi il cuore. Perchè se gli amici si vedono nel momento del bisogno, questo è il momento in cui Firenze deve far sentire il suo affetto a Borja Valero, tuttocampista viola alle prese con un periodo non facile di partite non all'altezza della sua classe e qualche sorriso in meno. Roba che capita nella vita e pure nel calcio, ma che non deve preoccupare. Perchè Borja Valero è campione globale di sentimenti e talento, capace di saltare con stile gli ostacoli e le pozze d'acqua che il destino mette lungo i 1500 siepi della vita di ognuno. E' campione in campo, quando da centrocampista-architetto disegna cattedrali di calcio che illuminano la partita e fanno gridare al sacro. E' campione fuori dal campo, quando al privèe dell'«Hollywood» preferisce una visita agli Uffizi o a San Gimignano. Ed è campione pure nella difficoltà, accettando di sedersi in panchina senza tracce di polemica o risentimento. Fanno così gli uomini veri. Poteva Firenze non innamorarsene? SÌ, BORJA Valero, mezzala per struttura filosofica, con la visione del mondo che parte dalla metà campo e ha come prospettiva il terreno di gioco per intero, è giocatore di sentimenti antichi ed emozioni popolari. Proprio come lo furono i viola del primo scudetto, che arrivarono a Firenze da più parti d'Italia e del mondo e poi scelsero di vivere per sempre affacciati sull'Arno. L'idea del bello che va oltre la seduzione dell'interesse. L'altra faccia del montolivismo, insomma. Roba buona. Anche Borja Valero, centrocampista geometrico come la cupola del Brunelleschi e unico come Ponte Vecchio, ha fatto lo stesso. Ha fatto come Sarti e Montuori, come Segato e Magnini, Virgili e Chiapella, innamorandosi di Firenze e dell'aroma di bello che sprigionano i suoi tetti, facendo prevalere ciò su tutto il resto: «Mi avevano cercato società che ora sono in Champions ha rivelato Però io e mia moglie ci siamo detti: ma la qualità della vita quanto vale? Meglio Firenze, dove la gente ci tratta col cuore. In questa città io vivo un sogno e mi sento un privilegiato». Roba che incendia il cuore. Anche per questo Firenze ha il dovere di aspettarlo. Perchè i momenti neri e le panchine passano («Passerà anche questa stazione senza far male | passerà questa pioggia sottile come passa il dolore», avrebbe cantato Fabrizio De Andre) ma ciò che resta per sempre è l'idea migliore di un calcio che si accompagna alla passione prima che all'interesse. Borja Valero, giocatore unico come il 20 che porta sulle spalle, destinato a restare per sempre nei cuori di chi pensa che nello sport la bellezza sia prevalente sulla furbizia, il senso di identità più affascinante di un albo d'oro.
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Borja Valero unico 20, ti rialzerai presto
FORSE servirebbe un applauso prolungato, un coro dello stadio, qualcosa che scaldi il cuore. Perchè se gli amici si vedono nel momento del bisogno, questo è il momento in cui …
Stefano Cecchi - La Nazione
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