Tanto per cominciare dovrebbe rifarsi il nome. Perchè di borioso non ha proprio nulla, basta vedere come si muove in campo per capire che l’umiltà è proprio la sua prima dote. Un nome invece, nel senso di fama, Borja Valero Iglesias se lo è fatto da anni e quello non si discute. O se proprio vogliamo discuterne, diciamo che è un nome destinato a crescere nella considerazione non solo della Fiorentina ma di tutto il calcio italiano. E magari qualcuno, in Spagna, si pentirà di averlo lasciato andare così frettolosamente. Peggio per loro. Intanto i viola si godono questo giocatore con il temperamento di un torero, che piglia sempre l’avversario per le corna e lo infilza con precisione chirurgica. Mentre il toro, pardon, l’avversario, di sicuro avrebbe delle difficoltà ad infilzare lui anche per le strade di Pamplona durante la festa di San Firmino, figuratevi sull’erba verde di casa nostra (...).
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Borja Valero, il motore che spinge i viola
Leader nel centrocampo viola, in Spagna…
Nella nuova Fiorentina che Montella sta plasmando a sua immagine e somiglianza, era inevitabile che uno così diventasse subito protagonista. Infatti i due possiedono la stessa tempra, si intendono al primo sguardo, bravissimi a leggere la partita. Non è un caso che i compagni abbiano per Borja Valero un profondo rispetto, quando parla lui non vola una mosca e non sono mai parole al vento.
A vederlo giocare dà l’idea di un satanasso, sempre in movimento, sempre a caccia del pallone, sempre pronto o a strapparlo agli avversari o a smistarlo per il compagno giusto al momento giusto. L’uomo ovunque del centrocampo, la boa a cui aggrapparsi durante la tempesta e il porto sicuro dove approdare quando la fatica ti piega le gambe e ti annebbia le idee. Interno, esterno, trequartista, all’occorrenza difensore aggiunto e domenica contro il Bologna anche regista effettivo, perchè davanti alla difesa c’era sì Olivera ma in fase d’impostazione i palloni finivano tutti sui piedi dell’altro. Vedendolo passeggiare per le vie del centro, dove abita, Borja Valero invece dà l’idea di un bambino ancora capace di stupirsi, affamato di conoscenza così come in campo è affamato di pallone. Gli sono bastati pochi mesi per parlare l’italiano meglio di molti italiani e per amare Firenze più di tanti fiorentini (...).
Unico neo il menù preferito, dove la bistecca fatica a trovare una collocazione dignitosa fra l’amata paella (a pranzo) e il sushi (piatto più gettonato per la cena). Ma come non perdonarlo? In fondo tutto si può dire, di Borja Valero, meno che sia un macellaio.
La Nazione
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