stampa

Borgonovo maestro di coraggio

L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara

Redazione VN

Troppi ricordi, moltissimi pensieri. Ma di parole, forse, ne bastano due: grazie Stefano. Perché Stefano Borgonovo era un maestro, anche se forse non lo sapeva e non voleva esserlo. Quando ieri è arrivata la notizia della sua scomparsa Firenze si è trovata senza fiato, ripensando alla lezione di un ragazzo che aveva trasformato la sofferenza in coraggio. Senza retorica. Ma semplicemente giocando la sua partita più importante, quella che serviva per combattere la maledetta Sla, la malattia che lui chiamava confidenzialmente “la stronza”. E Stefano era un esempio. Era l’uomo che ha provato a insegnarci che arrendersi no, proprio non va bene. Lui si batteva con testardaggine sul campo della sua battaglia, col coraggio dell’attaccante che si butta nello spazio. Stefano c’era. E Firenze lo sapeva. E con Borgogol viveva i giorni e le storie della Fiorentina. Come quella notte di sorrisi e lacrime di qualche anno fa. Stefano e Roberto di nuovo insieme sul campo. La B2, nel nome della voglia di vivere e lottare.

Momenti che nessuno potrà mai dimenticare. Baggio e Borgonovo, ragazzi fantastici che quasi vent’anni prima avevano fatto impazzire la città. La B2, somma algebrica di classe e determinazione. Una stagione luccicante, con 29 reti in coppia. Un duo impietoso destinato a sciogliersi nonostante tutto. Baggio che se ne andrà quando l’amico Stefano è pronto per tornare. Perché Borgonovo aveva scelto Firenze con ostinazione. Era stato lui a chiedere al Milan di restare, dopo quell’annata prodigiosa e irripetibile. Inutilmente, però. E quando tornerà la Fiorentina non sarà più la stessa. E forse neanche lui, che però nessuno potrà mai dimenticare. Anche perché Borgogol era quello che aveva realizzato il sogno di ogni tifoso vero: un gol alla Juve. Alla fine, all’ultimo respiro, quando non sembra più possibile. Lui c’era riuscito, facendo saltare in aria lo stadio. Borgonovo vedeva la palla e ci piombava sopra. Senza paura, senza tregua. Un attaccante nato. E infatti così lui aveva intitolato la sua autobiografia: “Attaccante nato”, e attaccante fino alla fine. Con quel senso dell’ironia che lo aiutava a trovare la forza che serviva. Sì, la lezione di Stefano. E di tutti quelli che dribblano la propria sofferenza per aiutare gli altri.

L'articolo integrale di Benedetto Ferrara su la Repubblica in edicola