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Bernardeschi il nuovo ariete di Sousa. Ma cosa ne penserà Antognoni?

L'editoriale di Ernesto Poesio sul Corriere Fiorentino dopo l'ultima uscita di Paulo Sousa su Bernardeschi. Leggi e commenta

Redazione VN

Chissà cose ne pensa Giancarlo Antognoni. Lui che dopo 15 anni lontano dalla Fiorentina ora sta per coronare il sogno di rientrarci. E chissà se le cose cambieranno. Di sicuro potrà spiegare a Sousa che, magari, dare per scontato l’addio dell’unico vero talento costruito in casa nel giro di tre lustri forse non è proprio il modo migliore per generare entusiasmo. E chissà cosa ne pensa anche lo stesso Bernardeschi che come per una sorta di karma trova sempre qualcuno pronto a non credergli fino in fondo. Già perché Federico in realtà ha sempre detto il contrario. Giusto pochi giorni fa ha ribadito durante un evento pubblico di «stare pensando» all’idea di restare a lungo a Firenze.

E invece no. Quasi come un genitore a cui non piace la fidanzata del figlio, Sousa ha scelto di rimescolare le carte. Non tanto le sue (quelle sono abbastanza chiare da tempo e non prevedono Firenze nel suo futuro), ma quelle di un ragazzo che forse avrebbe pure il diritto di riflettere autonomamente sul da farsi. Ma la vis polemica dell’allenatore sembra irrefrenabile nonostante tutti i tentativi di Corvino e gli incontri con Della Valle. Questa volta però frasi tipo «sono stato male interpretato», difficilmente torneranno utili visto che domenica scorsa, dopo l’Empoli, in diretta Sky, Paulo aveva già anticipato lo stesso concetto. Semmai ci sarebbe da chiedersi come mai nel giro di tre giorni sia divenuto Bernardeschi il nuovo ariete di Sousa per punzecchiare la società. Lo stesso giocatore che, fra l’altro, venne accusato pubblicamente a settembre dal portoghese di non esserci con la testa, e anzi di essersela montata un po’ troppo. Difficile pensare che frasi come quella di ieri («è destinato a squadre più ambiziose») aiutino a mantenersi umili. O forse, Sousa, in realtà sta usando tattiche psicologiche: mettere alla prova i propri giocatori di talento davanti alle voci di mercato. Solo che stavolta a dare fuoco alla miccia è l’allenatore, cioé colui che invece dovrebbe pensare soprattutto sul campo. Perché poi concentrandosi sul lavoro giornaliero capita anche di trovare la ricetta giusta a una crisi iniziata lo scorso dicembre e risolta ( forse) solo con colpevole ritardo. Già, poi ci sarebbero anche le ambizioni della Firenze calcistica: vedere bel gioco e senso di appartenenza. Montella e Prandelli sono riusciti a soddisfarle, perfino lavorando nella tanto vituperata «dimensione» viola. Dove il successo è più difficile (nessuno lo nega) ma non impossibile. Una sfida non per tutti.

Ernesto Poesio - Corriere Fiorentino

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