Joe Barone, direttore generale della Fiorentina, ha avuto modo di scambiare alcune battute con Marco Bellinazzo, giornalista de il Il Sole 24 Ore. La materia affrontata è quella delle infrastrutture. Il Dg viola infatti, ha assunto in Lega l'incarico di promuovere il comitato sugli stadi. Una task-force che si scontra con una legge in materia di stadi, di fatto, inefficace. Nell'intento di Barone è necessario innalzare in modo graduale, su indicazione della Uefa, gli standard di qualità delle strutture, dagli stadi ai centri sportivi, per chi ambisce a disputare la Serie A. Linee guida perfettamente riprese da Commisso che per il centro sportivo di Bagno a Ripoli ha già investito 70 milioni.
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Barone e la nuova task-force in Lega: “I vincoli architettonici possono uccidere una città, il Franchi corre il rischio”
Nelle pagine de "il Sole 24 Ore" troviamo delle interessanti battute del Dg viola, in materia di stadio
Incarico che il dg viola sta interpretando con energia e la voglia di cambiamento dell'avventura italiana di Commisso. Un ulteriore mega-investimento sullo stadio, invece, per ora non ci sarà. La Fiorentina, come è noto, non ha partecipato al bando per l’area Mercafir, scontrandosi con le rigidità e le sclerotizzazioni burocratiche che impediscono il rinnovamento di impianti di proprietà comunale. Strutture che hanno un’età media di 70 anni e producono introiti complessivi di circa 300 milioni l'anno, in serie A. Meno della metà di quelle inglesi, spagnole e tedesche. Barone su questo è netto e provocatorio: "se non si fanno gli stadi per aumentare le entrate la Messa è finita. Deve essere chiaro a tutti che questa è la partita decisiva. I club operano con margini molto stretti per cui o aumentano i ricavi da stadio e game-day e dall’area commerciale oppure saranno sempre meno competitivi e sempre meno attrattivi per gli investitori stranieri. Serve progettualità e capire che gli stadi moderni oggi servono ai club ma anche a riqualificare quartieri o aree cittadine che altrimenti rischiano di essere abbandonate".
Altro obiettivo è limitare il peso del vincolo storico-architettonico, per evitare che possa bloccare o modificare radicalmente i progetti, come successo per San Siro: "Di vincoli storico-architettonici le città e con esse gli impianti possono ammalarsi e perire, pensiamo allo stato in cui versa oggi il Flaminio a Roma. È quello che potrebbe succedere al Franchi se noi andassimo a fare lo stadio altrove. In Italia sembra più facile non decidere, per evitare grane. Questo congela gli investimenti e si perdono opportunità. Non solo nel calcio. Da manager e innamorato del calcio e dell’Italia non vorrei arrendermi a questo stato delle cose".
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