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Bandiere e lacrime, l’esorcismo di Vargas non basta

I tifosi sono elettrizzati all’arrivo alla Leopolda, dove si gioca l’altra partita, quella dei tre maxischermi. Pochi sembrano informati sugli incidenti di Roma. L’ex stazione è già strapiena un’ora prima …

Redazione VN

I tifosi sono elettrizzati all'arrivo alla Leopolda, dove si gioca l'altra partita, quella dei tre maxischermi. Pochi sembrano informati sugli incidenti di Roma. L'ex stazione è già strapiena un'ora prima della partita: prevalgono i sorrisi e l'entusiasmo per la finale che sta per cominciare. «Dentro ci sono ottocento persone, fuori altrettante», dicono dallo staff. Ma a colpo d'occhio paiono decisamente di più.

Ci sono i ragazzini, gli adulti e le famiglie: magliette di Mario Gomez e di Pepito Rossi, e non importa se nessuno dei due scenderà in campo dal primo minuto; non manca l'indimenticabile Batistuta e qualcuno azzarda la parrucca viola. Fuori, dove si può fumare, ci sono i tifosi più tesi. L'attesa viene vissuta con il fiato sospeso. I tifosi, a Firenze come a Roma, vogliono che si giochi: i viola non c'entrano nulla con gli scontri e i tifosi feriti, dicono in tv. Così, quando dalla curva napoletana arriva una pioggia di fumogeni e petardi sui vigili del fuoco dell'Olimpico, in molti accolgono le immagini con sdegno. Ma è l'allegria a prevalere e il primo «chi non salta...» non è dedicato ai rivali di Coppa Italia, ma ai nemici storici della Juventus. Del resto, la partita comincia con una curiosa versione di «O' Fiorentina»: abbandonato Narciso Parigi, si passa a una colorata mazurka.

Quando la squadra entra in campo è un tripudio, ma il boato è tutto per lui, Pepito Rossi, l'idolo della folla viola. E quando all'undicesimo Insigne dà la prima mazzata, piomba il silenzio. Matteo, 9 anni, scoppia in lacrime. La mamma lo consola: «Le partite durano 90 minuti». Ma cinque minuti dopo, al raddoppio, è lei a cambiare idea: «Andiamo via». Dentro la Leopolda il gelo. Partono le contestazioni al gioco lento della Fiorentina. Ma quando la ragnatela di Montella porta Vargas a insaccare è come un esorcismo: le facce pallide scompaiono, i volti riprendono colore viola e l'entusiasmo è di nuovo padrone della Leopolda. Mentre risuona la telecronaca di Lady Radio che esorta una squadra all'arma bianca, qualcuno intona un coro censurabile contro i napoletani, ma la maggior parte si concentra sulla partita e sulla direzione di gara di Orsato, contestatissimo in ogni scelta; soprattutto sul gol annullato ad Aquilani, quando tutti saltano e festeggiano per mezzo minuto buono prima di accorgersi della bandierina del guardalinee. La tensione sale, la lucidità non altrettanto: «Levalo!», «Chi?», «Boh, qualcuno».

L'importante, e su questo sono tutti d'accordo, è che entri Pepito a suonare la carica ai suoi. Così, a inizio ripresa, quando Rossi viene inquadrato ad allacciarsi le scarpe, tutti cominciano a crederci. Il secondo tempo è vissuto in apnea, fino alla liberazione, l'ingresso dell'idolo della Fiesole. La Fiorentina attacca, ma non sfonda, così la Leopolda si leva di continuo in un «Forza Viola alé», come a voler prendere per mano i suoi ragazzi in campo. L'illusione tuttavia finisce con l'occasione mancata da Ilicic, a pochi minuti dello scadere. Qualcuno suona la tromba, ma la mazzata del 3-1 convince tutti a prendere la strada di casa prima ancora del triplice fischio. Così, uno dei più pessimisti chiosa: «Speriamo non si debba aspettare altri 13 anni».

Corriere Fiorentino