stampa

Baggino e Pepito, la Fantasia degli Opposti

Sandro Picchi sul Corriere Fiorentino dedica un bel ‘corsivo’ a Giuseppe Rossi e Roberto Baggio, rimarcando qualità, differenze e punti in comune. Ecco alcuni passaggi:   Baggio era un campione …

Redazione VN

Sandro Picchi sul Corriere Fiorentino dedica un bel 'corsivo' a Giuseppe Rossi e Roberto Baggio, rimarcando qualità, differenze e punti in comune. Ecco alcuni passaggi:

Baggio era un campione amato dal pubblico, ma soltanto tollerato, per non dire osteggiato, dalla maggioranza dei suoi allenatori. In un libro di memorie, Baggio ha ricordato con amarezza che nell'Inter, dopo la rottura tra lui e Lippi, al suo posto giocò perfino un certo Russo «che avrebbe fatto fatica in serie C». Ne ha avuti ventuno di allenatori, Baggio, tra squadre di club e nazionale, ma si contano sulle dita di una mano quelli che lo hanno capito e apprezzato e fra questi al primo posto c'è Mazzone che lo raccolse e lo carezzò (la carezza della calcistica sera) per un impareggiabile finale di carriera nel Brescia. Il Baggio degli ultimi anni, sparso di bianchi capelli, vicino all'immobilità, sofferente nell'uno e nell'altro ginocchio, ma che nonostante tutto sapeva essere meraviglioso nel suo calcio perfettamente centellinato, è da considerare come il più grande fra tutti i Baggio che si siano visti. Soltanto un altro Baggio, il suo opposto, ovvero sia il Baggio fanciullo, riccioluto e scherzoso di Firenze, il Baggio non ancora divino né codino, soltanto quel Baggio spensierato e ragazzino è stato adorabile in pari misura. Non abbiamo mai dimenticato il suo primo tiro in porta nella partita d'esordio a Firenze, contro la Sampdoria, tanti anni fa. Era un tiro curvo, inedito, una parabola inventata all'improvviso. La corsa di quel pallone finì nel nulla, oltre la porta difesa da un portiere che si chiamava Bistazzoni. Non era che un tiro sbagliato, quello del giovane Baggio, ma era il più bel tiro sbagliato che avessimo mai visto. Da quel modo di calciare, da quel modo di sbagliare, si capivano molte cose, se non tutte. Fantasista, Roberto Baggio, da queste parti chiamato Baggino, con quel suo gioco allegro e quel modo anche irriverente di segnare: palla curva, passaggio in porta, dribbling sul portiere e così via.

Baggio scherzava nel gioco ed anche nel gol, Rossi no, Rossi è professionale e freddo, rappresenta il momento di massima sintesi del calcio, la fine dell'azione, potremmo dire la fine del pallone. Pepito Rossi è un attaccante puro, una punta che rientra nella trequarti non tanto per dare un aiuto al centrocampo, ma per pretesto, per assentarsi dalla prima linea e riapparirvi di colpo. Nei gol di Rossi, e in linea di massima anche nelle sue azioni di gioco, c'è un grande rispetto per l'essenziale, per la destinazione finale della manovra, perfino per l'avversario che raramente è irriso e che, volendo esagerare il concetto, se subisce il gol, lo subisce senza irritarsi, finendo per accettarlo come corretto e inevitabile. C'è anche un Rossi che gioca nascostamente, con tocchi di prima quasi invisibili, rapido nel cercare i compagni, pronto a dare e ad andare. È un attaccante che fa gol senza dare l'impressione di vivere per il gol, la sua reazione, i suoi gesti dopo una rete, sono contenuti e personali (il pensiero al padre scomparso) mai rabbiosi, mai sopra le righe. Rossi è un centravanti inconsapevole, così come Baggio era un regista inconsapevole del gioco d'attacco, caratteristica di cui si rese conto nel finale della carriera, quando ebbe meno forza e più dolori. La cosa che più unisce Rossi a Baggio è la presenza fisica quasi sottomessa che in un calcio anche gonfio e muscolare, suonerebbe quasi come un limite e che invece non lo è: diventa una forza, un requisito, una qualità. È la democrazia del calcio che lascia spazio a Messi, a Maradona, a Zola, a Baggio, a Rossi e a tutti quelli che hanno più classe che statura, più arte che muscoli. E, infine, un'altra cosa unisce Baggio e Rossi: i legamenti rotti e poi riparati, le operazioni, i ritorni, i dolori conosciuti e poi superati come si superano gli avversari.