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Alfredo Pitto, un livornese in viola

UN LIVORNESE a Firenze. Di più: nella Fiorentina. Si chiamava Alfredo Pitto, nato nel 1906, mediano laterale, brillante, ma «con un caratterino». Dedichiamo questo piccolo ricordo comune alla Fiorentina e …

Redazione VN

UN LIVORNESE a Firenze. Di più: nella Fiorentina. Si chiamava Alfredo Pitto, nato nel 1906, mediano laterale, brillante, ma «con un caratterino». Dedichiamo questo piccolo ricordo comune alla Fiorentina e al Livorno, ora che i viola e gli amaranto stanno per incontrarsi. E’ il ricordo di un magnifico giocatore. Nei racconti di tanto tempo ci sono la Pro Livorno sul campo di via del Vigna e c’è la fatata Villa Chayes, da dove «nessuno per tre anni ci passò». Che tipo era Pitto? Espulsioni, squalifiche, tutte le sue buone conoscenze. Quando la sua squadra perdeva, lui perdeva la teata. Negli spogliatoi piangeva di nascosto.

Il Livorno lo cedette al Bologna per ventimila lire, era un Bologna con Monzeglio, Schiavio, Busini. Nel ’30 subentrò la Fiorentina: soldi alla mano, duecentomila lire, un capitale. In squadra il portiere Ballanti, Renzo Magli terzino sinistro, Petrone davanti, e una linea fortissima formata da Pizziolo, Bigogno e appunto Pitto. L’allenatore era l’austriaco Hermann Felsner. Poi un salto a Milano all’Ambosiana Inter, dove c’erano un grande portiere, Ceresoli, e poi Agosteo e Allemandi, Meazza e Levratto (che secondo la leggenda sfondava le reti, ma un qualcosa di vero doveva esserci). Un ottimo Pitto, anche in nazionale, con 29 partite.

NEL LIVORNO, per fare iun passo indietro, aveva esordito nel ’23 con una vittoria per 3-2 sulla Juventus. Caratterino, si è detto. Una volta scavalcò la rete, non per entrare direttamente in campo, ma per uscirne e saltare sulla tribuna in difesa del fratello, assediato da tifosi avversari. Di lui scrrissero grandi firme del giornalismo, da Bruno Roghi a Carlin. Non solo, ma Beppe Pegolotti, che era di Cecina e lavorò per tanti anni a «La Nazione», gli dedicò un libro, evento raro per quel 1932, un racconto di avventure, saporitissimo. Pitto aveva premesso a Pegolotti: «Una biografia, quella no, mi danno sui nervi».

Giampiero Masieri - La Nazione