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Addio Pirovano, lo scudetto e il viola sul cuore

Si è fermato di corsa, all’improvviso e non poteva che essere così. Il grande cuore viola di Giovan Battista Pirovano si è bloccato ieri dopo una vita generosa e una …

Redazione VN

Si è fermato di corsa, all’improvviso e non poteva che essere così. Il grande cuore viola di Giovan Battista Pirovano si è bloccato ieri dopo una vita generosa e una passione inestinguibile per la Fiorentina.

Capitano non giocatore dell’ultimo scudetto, ma solo per colpa di un infortunio che dette il via libera ad Esposito, che poi non mollò più la maglia numero quattro. Generoso per definizione, il vercellese Pirovano correva per due, ma non era neanche malaccio con i piedi. Un mediano vecchio stile, di quelli che davvero sputavano il sangue pur di non mollare l’avversario diretto. Nel 1966, dopo aver giocato la sua unica partita in Nazionale, finì ad un passo dalla convocazione per i Mondiali inglesi, ma gli andò bene perché si risparmiò la Corea. (...)

Fu lui stesso a designare in Picchio De Sisti l’erede: nonostante i 25 anni lo vedeva maturo al punto giusto per recitare il ruolo di leader. Quando lo invitavano al Franchi per lui era sempre una festa e non c’era verso di tirargli fuori un giudizio minimamente critico verso la «sua» Fiorentina.

Parlava sempre di cuore e di passione, in pratica della sua vita di calciatore anche quando il pallone lo vedeva solo dagli spalti. Ogni tanto la metteva dentro (11 gol in 151 presenze) e gli capitò di farlo anche nel famoso 7 a 1 inflitto all’Atalanta, con la storica cinquina di Hamrin. Quando segnò, lo svedese, che aveva già realizzato una tripletta, era libero da solo in mezzo all’area e protestò per il mancato passaggio, incurante della rete. E il bello fu che Pirovano andò pure a spiegargli il perché: un capitano si vede anche da queste cose.

David Guetta - Corriere Fiorentino