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A proposito di Pantaleo

Succede spesso, nel calcio. Si arriva annunciati dalle chiarine, se ne esce col fragore della tempesta. Quante ne ha viste Firenze di queste storie pirandelliane, i Pontello, Cecchi Gori, perfino il …

Redazione VN

Succede spesso, nel calcio. Si arriva annunciati dalle chiarine, se ne esce col fragore della tempesta. Quante ne ha viste Firenze di queste storie pirandelliane, i Pontello, Cecchi Gori, perfino il Trap che qualcuno in Maratona candidò a sindaco. E’ successo così anche a Corvino, ds viola che dopo qualche mese a Firenze rischiò di avere intitolata una strada («Via San Pantaleo da Vernole») e che oggi se ne va con l’ignominia dello sconfitto. Era un’esagerazione la toponomastica, sono ingiuste oggi le pietre.

Perché Pantaleo da Vernole è stato nei fatti uno straordinario sensale di calciatori. Dicono che Diego Della Valle ne rimase incantato ai tempi dell’affare (per il Lecce) Bojinov: «Questo ci ha preso per i fondelli con stile. Uno così va assunto». La sua avventura corsara in viola partì così. Un Giorgio Mastrota meno telegenico ma più competente. In effetti, alcuni suoi affari in uscita sono vere leggende. Quelli fatti, come il pacco Melo alla Juve per 25 dobloni d’oro. E pure quelli non fatti: Toni all’Inter per 27 milioni e Mutu alla Roma per 18 erano altrettanti capolavori. Nel primo caso fu lo stesso DDV a dire no, nel secondo Prandelli e da lì iniziarono molti guai per la causa viola, ma questa è un’altra storia.

Di certo Corvino, fisico falstaffiano in anima macbethiana (tanto per restare su Shakespeare) ha riempito per sette anni la scena abolendo i verbi al plurale: «Ho detto al mio allenatore... i miei giocatori... ho vinto quattro gempion lig...»). Un uomo formidabile nel metterci la faccia e nel colmare i vuoti. Aldilà dell’italiano sconnesso, quando appariva avevi sempre l’impressione del mezzadro che sa bene quanto sia buono il cacio con le pere. Uno a cui consegnare le chiavi della fattoria sportiva per far lievitare gli affari. Alla fine l’ha fregato probabilmente la troppa sicurezza nel suo talento che, nella storia, da Napoleone a Craxi passando per Arrigo Sacchi, porta inevitabilmente a disfatte dolorose. Certe sue scelte sciagurate, dai milioni dissipati per Felipe e D’Agostino alle comiche di Keirrison e il Tanque, hanno portato la Fiorentina sull’orlo del baratro, condannandolo. La sua conferma era oggettivamente improponibile. Peccato.

Oggi, dunque, Corvino è un uomo silenzioso, ferito nel suo orgoglio. Ma non sarà così per molto. Visto il carattere salentino, c’è da giurarci che presto lo vedremo da altre parti in serie A ad acciottolare concetti e presentare giocatori.Comunque, mettendoci sempre la firma. Forse lo rimpiangeremo, forse no. In fondo il calcio cos’altro è se non una riffa, magico come l’ignoto, amaro come la vita.