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Tomovic: “Vorrei restare qui a lungo”

Intervista del Brivido Sportivo: dai sogni al rapporto con Montella

Redazione VN

È uno dei perni della Fiorentina di Vincenzo Montella, difensore duttile e polivalente (nonché nazionale serbo), ha dimostrato di essere anche un uomo intelligente e rispettoso dei ruoli. Stiamo parlando di Nenad Tomovic, nato a Kragujevac il 30 agosto 1987. Arrivato a Firenze in comproprietà il 31 di agosto del 2012 tra curiosità e stupore (nessuno si aspettava che la società si sarebbe aggiudicata un altro difensore) è sceso in campo con la maglia viola solo due giorni più tardi, a Napoli, dimostrando personalità e qualità importanti. Ad oggi conta in maglia viola 18 presenze (15 in campionato e 3 in Coppa Italia) ed è l’unico del reparto difensivo a non aver ancora segnato una rete (5 gol Rodriguez, 3 Roncaglia, 2 Savic, 1 Hegazy in Coppa Italia), ma siamo fiduciosi che questa interessante intervista che ha rilasciato in esclusiva al Brivido Sportivo, con la quale offre al pubblico la possibilità di farsi conoscere meglio sotto ogni punto di vista, possa portargli fortuna e presto possa sbloccarsi anche in zona gol, vista la peculiarità della squadra di Montella a mandare in rete anche i difensori in virtù del meticoloso lavoro sulle palle inattive che settimanalmente il preparatore Vio fa con il gruppo. E allora andiamo a scoprire il carattere, i sogni e le speranze del difensore viola.

Tomovic, iniziamo da una curiosità: il suo nome, ovvero Nenad, ha una traduzione in italiano?

«No, non c’è una traduzione. È un tipico nome serbo».

Le va di presentarsi ai suoi tifosi per spiegare loro com’è il suo carattere, cosa ama fare nel suo tempo libero?

«Sono un ragazzo molto tranquillo e le mie giornate tipo sono molto regolari. Dopo l’allenamento, solitamente, vado a mangiare qualcosa, poi vado a casa e mi riposo un po’, magari immergendomi nella lettura di un buon libro. Sì, nel tempo libero mi piace leggere. E poi, in questo momento, sono anche molto occupato nell’organizzazione del mio matrimonio perché a giugno, alla fine della stagione, mi sposo».

Attualmente vive con la sua futura moglie a Firenze e come si chiama la fortunata?

«La mia futura moglie si chiama Maria ed è una ragazza serba. Per il momento non viviamo insieme a Firenze, perché lei sta studiando e le mancano da preparare gli ultimi tre esami per finire il corso di studi e laurearsi. Per questo per adesso viene a trovarmi solo ogni tanto».

Dove vi sposerete?

«Nel nostro paese, in Serbia».

Tornando un attimo ai libri: quali le piace leggere?

«Amo i libri di storia, soprattutto tutto ciò che parla dell’Impero Romano. Ne sono molto affascinato. Però mi piace molto anche la scrittura di Paulo Coelho, l’autore del mio ultimo libro letto».

E invece, per quanto riguarda la musica, quale le piace ascoltare?

«Io preferisco la musica serba. Quando sono solo mi piace ascoltare musica rock della ex Jugoslavia, ma non sparata, non molto alta».

Ci racconta quando e come ha iniziato a giocare a calcio? Un aneddoto della sua infanzia…

«Iniziai a giocare a calcio quando avevo 8 anni e vi svelo una cosa: iniziai come portiere. Mio padre, però, mi diceva sempre che nella nostra famiglia mai nessuno aveva giocato nel ruolo di portiere e che non avrei dovuto farlo neanche io. Così cambiai idea e all’età di 10 anni andai a giocare (come difensore) in una squadra importante della mia città, il Radnički: da lì sono partito e sono arrivato fino a qua».

Ci ha parlato di suo padre e di una famiglia nella quale non è mai ‘nato’ un portiere… 

«Sì, nella mia famiglia un po’ tutti hanno giocato a calcio, ma non a livello professionistico».

Lei è figlio unico?

«No, ho un fratello che ha quattro anni più di me e vive in Serbia con la mia famiglia. Anche lui gioca a pallone, ma lo fa nel tempo libero, dopo il lavoro. Come fosse un vero hobby».

Quando è arrivato a Firenze, con chi ha parlato per primo? O con chi ha parlato prima di arrivare a Firenze?

«Diciamo che essendo arrivato l’ultimo giorno di mercato ed essendo stato al centro di una trattativa lampo, non avevo tempo di chiedere informazioni su Firenze o sulla Fiorentina. E comunque già sapevo che stavo arrivando in una grande piazza, in una grandissima squadra e in una bellissima città: negli anni passati, quando ero a Genova, ero venuto due-tre volte con la mia ragazza a visitare il capoluogo toscano, quindi non ero impreparato. Conoscevo l’ambiente e non avevo nessun tipo di dubbio quando ho accettato. Poi, quando sono arrivato, sapevo di trovare Jovetic, Ljajic e Savic, tre giocatori che avevo già conosciuto e con i quali, tra l’altro, avevo giocato contro alcuni derby a Belgrado (tutti loro hanno militato nel Partizan, io invece ho giocato nella Stella Rossa). E sapevo anche di trovare Seferovic (adesso ceduto in prestito al Novara), col quale ho giocato insieme a Lecce. Ed è stato proprio Haris (Seferovic, ndr) il primo che ho chiamato quando ho saputo di venire alla Fiorentina».

Genoa, Lecce, Firenze: tre città diverse, in tre regioni diverse dell’Italia. Ha una preferenza?

«Devo dire la verità: sono rimasto letteralmente innamorato di Lecce. Una città bellissima, piccola, in cui si vive bene, in cui le distanze sono minime, dove il clima è meraviglioso e dove si mangia pure bene. La gente poi è affabile e solare, infatti giù ho lasciato molti amici, i quali saranno tutti presenti a giugno al mio matrimonio. Insomma, Lecce è un po’ diversa da Firenze anche se viene chiamata ‘la Firenze del sud’. Qua la città è molto viva, c’è più movimento, la gente è aperta, il centro è pieno di turisti, ci sono tanti posti da visitare e ammirare. E poi, essendo uno a cui piace la storia, non potevo venire in un posto migliore. La cosa che amo di più di Firenze è proprio il fatto di essere una città viva, una città in cui c’è sempre qualcosa da fare, una città che offre tante possibilità, anche solamente per uscire a mangiare al ristorante. Anche qui si mangia benissimo…».

Lei dunque è un buongustaio: cos’è che ama di più della cucina fiorentina?

«Nessun dubbio: la carne, la bistecca. È buonissima».

Ha notato molta differenza di ‘calore’ tra la gente di Lecce e quella di Firenze?

«Non tanta, rispetto a Genova dove sono un po’ più chiusi».

A proposito di Genova: lei è in comproprietà e forse è presto per chiederglielo, ma le piacerebbe rimanere a Firenze?

«Certo! Mi trovo benissimo qua e vorrei rimanere».

Si mormora che, in particolar modo nella passata stagione quando lei non c’era, ma un po’ anche quest’anno, il gruppo dei giocatori dell’Est fosse un po’ ‘estraniato’ dal resto della squadra. È realmente così? Oppure avete rapporti anche con gli altri compagni?

«No, nessuna estraniazione. È normale che noi stiamo maggiormente insieme fuori dal campo per una questione di lingua, di abitudini, e poi anche perché siamo quasi sempre tutti soli. Usciamo tra di noi anche quando vengono a trovarci le nostre ragazze. Questo, però, non significa che non facciamo gruppo col resto della squadra, anzi. Abbiamo un ottimo rapporto con tutti».

Passiamo al calcio, partendo dalla sua Nazionale guidata da Sinisa Mihajlovic: quanto crede nella qualificazione ai prossimi Mondiali (apparentemente non facile: la Serbia, inserita nel girone A, è a 4 punti in classifica come la Macedonia dopo 4 partite giocate, dietro alle capoliste Belgio e Croazia, prime con 10 punti)?

«Abbiamo sbagliato noi. Avevamo un’ottima chance di fare punti importanti in chiave qualificazione in casa con il Belgio. E invece abbiamo perso quella partita compromettendo un po’ il nostro cammino. Quella poteva e doveva essere una partita decisiva per fare un balzo in avanti in classifica. Certo, è ancora tutto da decidere, mancano ancora tante partite, ma da ora in poi non possiamo più sbagliare neanche una gara. Insomma, sarà molto difficile qualificarci per il Mondiale, anche perché la prossima partita andremo a giocarla in Croazia e sarà dura perché è un vero e proprio derby. Ma ci vogliamo ancora credere».

Che opinione ha di Mihajlovic, sia come uomo che come allenatore?

«Mi piace sia sotto il profilo umano che come allenatore. Stimo molto le persone che, come lui, hanno un carattere forte e che dicono quello che pensano. Inoltre, per quanto riguarda il suo ruolo di allenatore, penso che lui, siccome ha giocato a calcio a grandi livelli fino a pochi anni fa, conosca molto bene quello che passa per la testa di noi giocatori e quindi sa come prenderci. Le difficoltà della Serbia sono da riscontrare in altri fattori, per esempio nel fatto che la nostra Nazionale è formata oggi da tanti giocatori giovani, è un gruppo completamente nuovo, ha un modulo nuovo e quindi c’è bisogno di un po’ di tempo affinché possa rendere al meglio. Serve un po’ di pazienza. Sono convinto che con Mihajlovic questo gruppo può solo crescere, però lui ha già dichiarato che in caso di mancata qualificazione ai Mondiali in Brasile, lascerà l’incarico di ct. Questo mi dispiace, forse la Federazione avrebbe dovuto prevenire questa situazione per dare tempo al progetto di prendere forma. Però mettiamola così: voglio pensare positivo e credere nella qualificazione».

Ci fa un paragone caratteriale e tecnico tra Mihajlovic e Montella?

«Sono un po’ diversi. Mihajlovic è un po’ chiuso, mentre mister Montella è più aperto. E io, sinceramente, preferisco più un tecnico dal carattere aperto, un allenatore che scherza anche con i propri giocatori. Per quanto riguarda il giudizio a livello tecnico, sono bravi entrambi. Di Montella mi piacciono molto gli allenamenti e il modo di lavorare del suo staff. Si vede che sono tutti molto preparati e organizzati».

Il rapporto tra Ljajic e la Nazionale, ma anche tra Ljajic e la Fiorentina: perché secondo lei non riesce a decollare?

«Sono cose private, non vorrei parlarne».

Veniamo al suo ruolo. Lei è un difensore polivalente. Può giocare centrale o terzino, in una difesa a tre o a quattro. E addirittura sia a destra che a sinistra. Ecco, qual è la posizione che predilige?

«Il mio ruolo preferito è quello di centrale di difesa, ma da quando sono arrivato in Italia mi hanno sempre spostato e fatto giocare in più ruoli. Quindi non ho alcun tipo di problema».

Il calcio e i moduli: preferisce il 3-5-2 o il 4-3-3? O comunque, meglio la difesa a tre o a quattro?

«Negli ultimi anni ho sempre preferito giocare in una difesa a tre. Pure nella passata stagione con Cosmi ho giocato così. Anche se a dire il vero non è che le cose cambino molto se ci sono degli esterni bravi a coprirti. Si può dire che è quasi uguale…».

Lei è arrivato a Firenze il 31 agosto, è andato in campo il 2 settembre a Napoli, e sembrava giocasse in viola da una vita. A parte questo, come si sta trovando con i suoi compagni di reparto?

«Beh, anche loro erano arrivati da poco – ci tiene a precisare –.  Mi trovo molto bene con tutti, ma in particolare sono rimasto colpito da Gonzalo (Rodriguez, ndr). È davvero un ottimo giocatore, molto diverso rispetto a Roncaglia che è un vero e proprio lottatore. Ma non voglio dimenticarmi di Savic che è più giovane di noi, ma quando gioca sembra che abbia l’esperienza di un veterano. In campo sembra più ‘vecchio’ dell’età che ha».

Ha parlato di Roncaglia: le va di smentire le voci secondo le quali Montella avrebbe litigato con l’argentino negli spogliatoi?

«Voci infondate. Loro hanno un ottimo rapporto e scherzano sempre».

È vero che c’è stato un momento in cui voi difensori vi siete sentiti più sicuri ad avere alle vostre spalle, in porta, Neto piuttosto che Viviano?

«No, perché entrambi sono ottimi portieri».

In tutta sincerità: dove può arrivare questa Fiorentina? L’asticella si fermerà alla zona Europa League, oppure ci sono ancora la speranza e la possibilità di alzarla alla Champions?

«Noi abbiamo dimostrato che con un po’ di fortuna avremmo potuto lottare per il primo posto. Diciamo che in questo momento il nostro obiettivo è l’Europa League. Poi, vedremo. Se verrà qualcosa in più sarà ben accetta».

Tra i compagni con i quali ha già passato questi primi mesi in viola, chi è il più forte, chi il più sorprendente, chi il più ‘matto’ e chi, invece, il più simpatico?

«I più forti sono Gonzalo Rodriguez e Borja Valero, il più sorprendente Savic, il più simpatico Lupatelli e il più ‘matto’… come giocatore di sicuro Roncaglia, però dico anche Seferovic (ormai approdato al Novara, ndr) e Toni, due simpatici che scherzano sempre».

Jovetic può dare di più di quanto sta dando secondo lei?

«Tutti si aspettano molto da JoJo, ma lui sta già dando tanto e spende molto durante ogni partita. Lui è una punta un po’ diversa rispetto a quello che vorrebbe anche il mister. Lui vuole giocare sempre, si sacrifica molto per la squadra e questo lo limita in fase offensiva. Sicuramente, poi, gli manca un po’ il gol».

L’esperienza calcistica più bella della sua vita?

«Per adesso l’esperienza più bella è legata alla partecipazione con la mia Nazionale alle Olimpiadi».

Ha detto per adesso, perché ovviamente ha dei sogni nel cassetto?

«Sì, certo. A livello personale sposarmi e avere figli. A livello professionale, mi auguro di poter conquistare presto un titolo, uno scudetto. Mi manca, anche perché nel mio paese sono stato sfortunato: la Stella Rossa era una squadra che aveva vinto sempre, ma quando arrivai io non fu così. In quel periodo la fecero da padrona i problemi societari. Il mio primo obiettivo, dunque, è quello. E mi piacerebbe, prima di tutto rimanere alla Fiorentina, poi provare a lottare per un titolo qua a Firenze. La squadra è già forte e il prossimo anno…».

E invece, la più brutta esperienza professionale?

«È recente, ovvero quando ho causato il rigore che ha fatto perdere la Serbia contro la Macedonia nella gara valida per le qualificazioni al Mondiale nel mese di ottobre scorso. Mi sono sentito un po’ in colpa anche nei confronti di Mihajlovic che mi aveva fatto giocare titolare al posto del capitano Ivanovic, mandato in panchina».

Chiudiamo con un pensiero su Andrea Della Valle, ovvero il principale artefice della rinascita viola.

«Devo dire che mi ha sorpreso. Il presidente è molto attaccato alla squadra, viene a trovarci molto spesso, sta con noi, parla con noi, scherza con noi. Mi piace molto questo suo modo di fare. Così come ho parole positive per i nostri dirigenti. La Fiorentina è davvero una bella famiglia».

Michela Lanza - Il Brivido Sportivo