Sul Corriere dello Sport-Stadio troviamo una lunga intervista a Francesco Toldo. Ecco i passaggi più interessanti:
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Toldo: “Vorrei che Neto diventasse un simbolo…”
L’ex portiere a Stadio: “Ho lottato più per vincere la coppa del 2001…”
Qual è per lei la differenza fra le due Coppe vinte nel '96 e nel 2001?
«L’entusiasmo e la spavalderia dei giovani della prima Coppa Italia avevano lasciato il posto alla consapevolezza della nostra forza. Le due vittorie con l’Atalanta, nell’edizione del ‘96, furono una sorpresa per tutti i tifosi. Ricordo ancora i 30.000 al Franchi, ci aspettarono sul campo fino alle 3 del mattino. Quella è stata la cartolina più bella di Firenze e l’entusiasmo di allora lo rivedo in questi mesi. Sembrava una storia d’altri tempi, quando parlo con i miei amici fiorentini si torna subito a quella notte. Ricordo bene la finale di ritorno a Bergamo, ricordo soprattutto Piacentini in mezzo al campo, tirava di quelle botte...».
E nel 2001?
«Quella Coppa è stata quasi un atto dovuto. Il livello tecnico si era alzato e la Fiorentina, che ancora non poteva ambire allo scudetto, aveva come obiettivo da raggiungere la finale di Coppa Italia. La storia di Fiorentina e Parma di quegli anni è simile al momento che stanno attraversando oggi Fiorentina e Napoli, due squadre in netta crescita».
E’ più legato alla prima o alla seconda Coppa?
«Di recente ho rivisto le immagini della gara di ritorno a Firenze contro il Parma e ho avuto conferma di quanto ricordavo: ho lottato molto più per vincere la Coppa del 2001 che quella del ‘96. Me ne accorgevo dalla reazione alle parate che facevo. Quasi esultavo. Per me era stata una stagione un po’ difficile: quando a Firenze cominciano a criticare il portiere, perché non esce, perché fa qualche errore, ti viene un senso di colpa enorme e cerchi il riscatto. Ero stanco, provato, ma la motivazione con cui scendemmo in campo era alle stelle. Ho rivisto il gol che mi fece Milosevic, un gol davvero bello. Quell’anno cacciarono Terim e al suo posto venne Mancini: la Coppa Italia rappresentò il gruppo, non l’allenatore».
Sapeva già che entro poche settimane avrebbe lasciato Firenze?
«No. Seppi dalla tv, mentre ero al mare con mia moglie, che dovevo andare al Parma con Rui Costa, ma io dissi subito di no».
Il duello Neto-Reina visto da un ex portiere.
«Sono portieri moderni, con i piedi fanno la differenza. Mi piacerebbe che diventassero dei simboli. Squadre come Napoli, Fiorentina, Milan, Juve e Inter devono avere portieri-simbolo come lo sono Handanovic e Buffon, così un giovane può prenderli come esempio. Adesso invece nelle società c’è la tendenza a cambiare in fretta, ma Neto e Reina hanno i requisiti giusti per restare a lungo».
Le piace il gioco della Fiorentina?
«Sì, Montella è bravissimo. Però mi piacerebbe vedere più peso nella mia ex squadra, mi piacerebbe vedere Batistuta in questa Fiorentina».
Il nuovo Bati potrà essere Gomez?
«Per ora non ha trasformato le aspettative in realtà. Ma nella Fiorentina ci sono idee chiare e la cosa migliore che hanno fatto i Della Valle è stato scegliere Montella. Il suo lavoro è eccezionale».
Chi teme maggiormente del Napoli?
«In questo caso, occhi aperti su Pandev: quando entra, negli ultimi 20', è sempre il più pericoloso. E poi su Mertens: ha un terra-aria micidiale. Ma io ho molta fiducia in Montella. Il quale, detto per inciso, da giocatore m’ha fatto un sacco di gol. Ne ricordo uno terribile in un’Inter-Roma: passaggio indietro di Morfeo, Montella aggancia la palla con quel sinistro malefico, mi gira intorno e segna».
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