L' uomo che contende a Montella il ruolo di allenatore dell'anno è bosniaco di Sarajevo e ha passaporto croato e svizzero. Vladimir Petkovic è davvero un figlio dell'Europa e non solo perché parla sette lingue, ma anche per la facilità con cui passa da una Paese all'altro. Vive a Locarno, ma Roma è già casa sua e la Lazio ce l'ha in mano e nel cuore. Ha spazzato via la diffidenza iniziale a forza di risultati: 9 vittorie nelle prime 13 partite tra campionato e Europa League. Due sole le sconfitte, una in trasferta, 3-0 a Napoli. Lontano dall'Olimpico però la sua squadra si è fatta valere vincendo tre volte: Bergamo, Chievo, Pescara. In assoluto, sempre restando al campionato, viene da tre vittorie consecutive. Dopo la Juve, la rivale peggiore che potesse capitare alla Fiorentina in questo inizio di stagione. Anche perché la Lazio a Firenze ha vinto le ultime due partite, sempre per 2-1 e perché al centro dell'attacco, nonostante qualche acciacco, c'è il temutissimo Miroslav Klose, capocannoniere insieme a Cavani con 6 reti e che alla Viola ha già dato sin troppi dispiaceri.
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Scopriamo chi è il ‘dottor’ Petkovic
L’ uomo che contende a Montella il ruolo di allenatore dell’anno è bosniaco di Sarajevo e ha passaporto croato e svizzero. Vladimir Petkovic è davvero un figlio dell’Europa e non …
La Lazio di Petkovic è molto diversa da quella di Reja, che aveva forza e sfruttava le ripartenze, ma tendeva a chiudersi. Questa è abile ad adattarsi ad ogni tipo di partita e non rinuncia mai a vincere. Merito di Petkovic, che da giocatore è stato un centrocampista dai piedi buoni e che il calcio ce l'ha nel sangue sin da bambino. È stato suo papà, allenatore in Bosnia, a trasmettergli la passione e lui dice che proprio il padre è sempre stato l'unico modello.
Ma che tecnico è Petkovic, soprannominato il «dottore»? Innanzitutto non è un integralista e sceglie il modulo in base ai giocatori a disposizione. Con Young Boys e Bellinzona applicava il 3-4-3, molto diverso dal 4-1-4-1 della Lazio. Ma, sempre in Svizzera, aveva sperimentato anche il 4-2-4 che in Italia sfrutta soltanto il Torino di Ventura. La parolina magica nel vocabolario tecnico del laziale è: ampiezza. I quattro incursori che giocano alle spalle di Klose sono lesti, bravi tecnicamente e si scambiano spesso la posizione: Candreva e Mauri (che oggi potrebbe rimanere fuori) gli esterni, Gonzalez e Hernanes i centrali. Il brasiliano, che non Reja non aveva feeling, è come rinato ed è diventato l'acquisto migliore. In trasferta le sue ripartenze sono letali. La Lazio è una squadra offensiva ma che non perde mai l'equilibrio tattico, garantito da Ledesma, il capitano e l'anima dei biancocelesti, il giocatore che protegge la difesa fondata su Dias e l'eterno Biava. Konko e Lulic sono gli esterni bassi che attaccano bene la profondità. Una squadra forte fisicamente e convinta dei propri mezzi. Ma il lavoro di Petkovic va in profondità ed è cominciato in estate con una preparazione molto dura, vecchio stile e con un occhio di riguardo alla prevenzione degli infortuni. E poi il dialogo con lo spogliatoio: così ha rigenerato Hernanes, ha lanciato Candreva, ha permesso a Mauri di mettersi alle spalle i guai giudiziari. Terza in classifica, la Lazio forse non pensa allo scudetto, ma mira ad entrare in Champions League.
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