David Pizarro, regista della Fiorentina, è intervenuto al programma di Sky "I Signori del Calcio" nel quale ha rilasciato un'intervista per arricchire la puntata a lui dedicata. Ecco le dichiarazioni del "Pek":
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Pizarro: “Jojo futuro fuoriclasse, il soprannome…”
Il regista viola protagonista a “I Signori del Calcio” (COMMENTA)
L'arrivo in Italia: "All'inizio è tutto nuovo. E' stato molto complicato, sono venuto con quella che è diventata mia moglie. A Udine faceva freddo ed abbiamo fatto fatica ad ambientarci, ma Udine era il top per fare il calciatore. I primi due anni sono stati i più complicati perché mi sono dovuto adattare ad un calcio diverso da quello sudamericano e mi c'è voluto un po' per capire cosa volevano gli allenatori da me, ma mi sono serviti per fare esperienza e per interpretare il calcio italiano".
Su Roy Hodgson (suo allenatore all'Udinese): "E' una persona fantastica, sono contento che alleni la nazionale. Mi ha trasformato in regista, è stata la cosa più importante sia per me che per la squadra. E' un caso uguale a quello di Andrea Pirlo. Ora credo che in nazionale Verratti abbia un futuro importante, ma anche nel settore giovanile romano e fiorentino ci sono dei grandi talenti in quel ruolo".
Su Pinochet: "Una storia negativa, noi cileni ce la portiamo dietro ma i tempi sono cambiati e si vede che la gente ha voluto dare un'altra chance alla destra cilena che adesso è tornata a governare in Cile".
Su Luciano Spalletti: "L'allenatore più importante della mia carriera: siamo stati insieme sia ad Udine che a Roma, mi ha dato tantissimo. La qualificazione alla Champions con l'Udinese è stata la mia esperienza più bella".
All'Inter? "Altra parte fondamentale per la mia carriera; mi ha permesso di arrivare ad un livello importante anche nel capire lo spogliatoio, con l'Inter ho sognato in ogni competizione. Giacinto Facchetti mi ha dato tanto, fra noi nacque un sincero rapporto d'amicizia, lo ringrazierò sempre.
Alla Roma? "Chi gioca a Roma può giocare ovunque. Le pressioni che ci sono lì ci sono solo in poche altre piazze al mondo. A Roma si parla sempre di calcio, ovunque si vada. Delle volte si esagera, nella vita ci sono anche altre cose importanti. La Champions è sempre il massimo per un calciatore, sta allo stesso livello del Mondiale. Con la Roma facevamo un gran calcio, ma trovammo lo United che era fortissimo e quella notte ad Old Trafford ci fece rimanere molto male. Una delle esperienze più amare vissute nella capitale. Segnare al Real Madrid fu bellissimo, in tribuna c'era anche mio padre. Indimenticabile. Quando entri al Bernabeu e giochi con la personalità che dimostrammo di avere ti meriti di passare il turno. Il derby di Roma? Una cosa particolare, ne vincemmo cinque di fila e quello era un gruppo fantastico. Con Totti ho fatto tante partite di tennis ed anche suo padre era una persona meravigliosa".
Il momento più bello? "Quando segnai al Perugia il giorno dopo aver visto nascere la mia prima figlia".
Il soprannome "Pek"? "Me lo ha dato Sensini all'Udinese e mi è rimasto per undici anni anche se non mi identifico troppo in quel soprannome".
La partita decisiva per il titolo del Manchester City (Manchester City 3-QPR 2) e la sua esperienza brittannica: "Mi ricorderò sempre mio figlio che piangeva a fine partita. Ce la stavamo complicando moltissimo, poi è avvenuto un miracolo. Mancini è stato l'unico a non mollare mai durante quel match. In Inghilterra funziona tutto, non fanno le cose a metà. Pensavo che il calcio italiano fosse il top, ma mi sbagliavo".
Su Mario Balotelli? "Bravissimo ragazzo, mi ha aiutato tantissimo ad inserirmi al City. Il Balo può dare tanto sia al Milan che all'Italia e lo deve fare soprattutto per se stesso. Poi sappiamo tutti alcune cose di lui, ma ha il potenziale e può arrivare tranquillamente al pallone d'oro".
Su Stevan Jovetic: "Ha le potenzialità per essere un fuoriclasse"
Su Luca Toni: "Per quello che ha fatto è un idolo viola è anche un giocatore mediaticamente importante per la piazza".
Su Vincenzo Montella: "C'ho giocato insieme due anni. Quando sono arrivato a Firenze lo chiamavo semplicemente Vincenzo, mi ci è voluto un po' per iniziare a cambiarlo mister".
Sulla Fiorentina :"Dopo un'annata come quella passata era difficile fare quello che stiamo facendo, è merito del mister. Io sono uno silenzioso, ma mi faccio intendere lo stesso".
Il cinema: "Mi piacciono le storie vere".
Sull'Italia e sui sogni: "Sono quindici anni che stiamo qua, vedremo cosa farò da grande. Sono molto legato all'Italia perché mi ha dato tantissimo. Ho il sogno di fare una fondazione a Valparaiso, voglio aiutare i miei concittadini e appena finirò di giocare voglio dedicare le mie energie a questo".
MATTEO ANGIOLINI
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