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Pasqual, l’altalena di un capitano che non tradisce mai

Titolare con Conte, panchina in viola. Manuel però c’è sempre, dentro e fuori dal campo

Redazione VN

Da Pancaro ad Alonso passando per Vargas: ci sono vent’anni di differenza tra i due principiali avversari per una maglia da titolare nel decennio in viola di Manuel Pasqual, festeggiato alla grande con il gol scacciapensieri di giovedì sera contro il Paok.

I numeri contano, certo, ma è ancora più importante il cuore che questo fiorentino d’adozione ci ha sempre messo, anche quando ha giocato male. Ormai per tutti è diventato il «capitano», un’onorificenza toccata a pochi in passato: viene in mente solo l’immenso Antognoni, che capitano lo è ancora per diritto calcistico.

E Pasqual se l’è sudate tutte le sue oltre 300 presenze in viola, rischiando però di fermarsi molto in anticipo. Il suo cammino a Firenze, infatti, è fatto di alti e bassi. I primi intoppi verso la fine del 2008 e stranamente proprio con Prandelli, che lo aveva lanciato tre stagioni prima, imponendo alla società di riscattare la seconda metà del cartellino al prezzo non proprio modico di 3,5 milioni di euro. Nessuno ha mai capito cosa sia successo e conoscendo bene i due è difficile immaginare uno screzio. Fatto sta che Manuel venne escluso dalla lista per la Champions, uno smacco di non poco conto per uno che era già un veterano. Ecco, la scintilla decisiva per entrare nell’immaginario del popolo viola scattò proprio in quel momento. Lui aveva 26 anni ed era dunque nel pieno della carriera con richieste importanti che piovevano da tutte le parti. Fosse dipeso dalla società non ci sarebbero stati grandi problemi nel venderlo e fare cassa, ma fu Pasqual a bloccare tutto: voleva rimanere a Firenze, contro tutto e contro ogni logica.

Fu un’annata di grande sofferenza e poche partite, ma era cominciato un amore importante, cementato poi dalla nascita dei due figli, fiorentinissimi. Finita l’epoca prandelliana, sono cominciate le rivincite personali purtroppo coincise con i risultati di una squadra lasciata un po’ andare alla deriva dai Della Valle. Con Mihajlovic prima e Rossi poi è tornata anche la fiducia, ma c’è stato bisogno dell’arrivo di Montella per rivedere (quasi) lo straripante Pasqual del debutto. Per carità, il sinistro non lo ha mai abbandonato, funzionando come una specie di telecomando per i cross dal fondo. Il 3-5-2 montelliano è stato la sua rivincita, un ascensore che lo ha riportato nei piani alti del calcio italiano, nonostante che Prandelli fosse intanto diventato il commissario tecnico azzurro. Escluso nelle ultime battute pre-mondiali dal Brasile, e non è detto che poi sia stato un male, il capitano ha scoperto in Antonio Conte un insospettabile ammiratore. Ma intanto sono cresciuti i dubbi di Montella e, di pari passo, le voci di mercato che lo vorrebbero al Milan di Inzaghi a gennaio o in chissà quale altra squadra.

Certo, è curioso vederlo titolare in Nazionale e in panchina nella Fiorentina, dove ci sta senza fiatare, ma gradendo il giusto. Eppure è anche capace di prodezze importanti, come quella di giovedì sera e quella del febbraio scorso contro l’Udinese che in pratica aprì le porte della finalissima di coppa Italia. Per non parlare della bella dedica a Bernardeschi dopo il gol, un gesto da leader verso il giovane compagno fermato da un grave infortunio.

Poi c’è il fuori campo, dove Pasqual è semplicemente straordinario. Lo chiami per qualsiasi evento benefico e la risposta è sempre positiva. Non si nega mai a nessuno, sorridente e perfettamente consapevole di vivere in un mondo irreale, anche se uno così si sarebbe trovato a proprio agio pure nella quotidianità che non a caso frequenta con naturalezza. È stato lui a spiegare a qualche compagno di spogliatoio un po’ troppo sopra le righe cosa voglia dire fare il calciatore a Firenze: una grande fortuna, ma che bisogna saper meritare.

David Guetta - Corriere Fiorentino