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Montella: “Ecco cosa c’è dietro la Fiorentina”

Il tecnico (e i suoi collaboratori) raccontano il lavoro e i principi di gioco

Redazione VN

Vincenzo Montella ha concesso una lunga intervista al mensile "Il nuovo calcio", dove spiega cosa si cela dietro il bel gioco della Fiorentina quarta in classifica e che, negli ultimi due anni, è tornata ad occupare le prime posizioni in campionato. Violanews.com vi propone i passaggi più importanti.

Hai iniziato alla Roma.

“Sì, coi giovanissimi nazionali. E non nego di aver cominciato basandomi sul mio “passato”. Ma piano piano ho cercato di costruire il mio modo di allenare. Prima le sedute erano abbastanza lunghe, a ritmo non elevato. Poi ho capito che bisogna cambiare rotta e avvicinarsi alla partita. Il ritmo della seduta deve essere simile a quello di gara. Avevo un punto fermo però…”

Quale?

“Tentare di trasmettere il valore vero dello sport. E aiutare i giovani nella loro formazione, non solo calcistica, ma come persone. Non è semplice giocare a 14 anni nella Roma (lo stesso vale per chi lo fa in altri settori giovanili importanti) e mantenere una certa tranquillità, indispensabile per realizzarti. Anche a 14 anni. Ci sono non poche difficoltà, lo sapete. E’ una responsabilità importante allenare i ragazzi, non bisogna dimenticarlo. Calcisticamente parlando, il mio intervento era principalmente sui singolo, sul loro miglioramento. Non molta tattica di reparto o collettiva, per capirci”.

L’idea del bel gioco ha contraddistinto il Montella allenatore fin dal principio?

“Nel settore giovanile sempre! Si preparavano gli allenamenti in funzione di un calcio propositivo. Spingendo i giocatori a correre dei rischi inconsciamente e inconsapevolmente. Non devi far percepire, per esempio, che un giro palla dietro può essere pericoloso, devono farlo con naturalezza, con libertà. E sto cercando di portare concetti simili anche coi grandi. L’idea di massima è quella di sviluppare il gioco secondo le caratteristiche dei tuoi calciatori e non unicamente in base a quelle degli avversari”.

In alcune interviste hai citato i “neuroni a specchio”.

“Fa parte dell’aggiornamento, fa parte del percorso di ogni allenatore. Il mister deve conoscere, vi sono ormai molte ricerche scientifiche, non solo su quest’argomento, ma anche sulla gestione del gruppo, sugli aspetti psicologici. Che è bene che un tecnico cerchi di apprendere. Poi c’è lo staff”.

E quello della Fiorentina è numeroso.

“Ma fondamentale. Ho cercato persone che potessero completarmi e aiutarmi, dentro e fuori dal campo. Persone che accettassero di essere in discussione, di confrontarsi. Di crescere insieme. Il mister deve avere delle conoscenze, ma non può saperne di più del preparatore atletico ad esempio. Ognuno deve avere il suo spazio, le sue gratificazioni. Deve sentirsi importante. Anche perché il lavoro non manca”.

Come funziona il passaggio delle informazioni tra i collaboratori e l’allenatore?

“Ci confrontiamo tutti i giorni. Adesso abbiamo finito la seduta, ma poi vi è l’analisi della stessa per pianificare quella di domani. E discutiamo insieme dei vari aspetti. L’intervento settimanale è programmato in linea generale a inizio settimana, poi ci sono le modifiche in base a quanto valutato in ogni singolo allenamento. Possiamo cambiare i tempi di lavoro, di recupero, gli spazi, le esercitazioni in base a quanto abbiamo osservato. Senza tralasciare l’avversario da incontrare. E’ necessario avere anche questo studio”.

C’è anche un allenatore che proviene dal calcio a 5: perché?

“Penso che dal punto di vista della tattica individuale si possano migliorare ancora i giocatori. Anche quelli di Serie A. E nel calcio a 5 si gioca molto in base ai classici 10 princìpi nelle due fasi di gioco. Per questo ho scelto una figura su misura, Riccardo Manno. Lavora individualmente prima o dopo la seduta su eventuali carenze dei giocatori, oltre a tutta la parte di analisi”.

L’anno scorso avevate una scansione degli allenamenti molto particolare, vero?

“Beh, ci ritroviamo il lunedì dopo la partita della domenica. Ora, visto gli impegni di Coppa e gli infrasettimanali, non è quasi più possibile. Comunque, il primo giorno dopo la gara era importante per valutare la situazione di chi aveva giocato e allenare chi era rimasto fuori. Infatti, questi elementi (considerando che nel pre partita si rifinisce perlopiù il lavoro) rischiano scadimenti di forma. Quindi, il lunedì svolgevano una seduta intensa, martedì riposo e il mercoledì era pronta a ricominciare”.

La Fiorentina gioca un calcio molto europeo.

“Mi hanno chiesto di conquistare la gente, di vincere divertendo. Ed è quello che tentiamo di fare. Sfruttiamo le caratteristiche di qualità dei nostri giocatori. Siamo poi una squadra che solo divertendosi sul terreno di gioco può far punti. Altre devono adattarsi agli avversari e lottare. Noi dobbiamo cercare di imporre la nostra manovra, certo, considerando le peculiarità degli oppositori per metterli in difficoltà”.

Quali sono i princìpi di gioco?

Oltre a quello appena affermato (imporre il proprio gioco, ndr), desideriamo incominciare la manovra da dietro senza problemi. Anche correndo dei rischi. Per poi valorizzare le qualità dei nostri elementi in avanti. Il calcio è uno sport situazionale, l’allenatore può dare indicazioni sugli avversari, proporre esercizi per migliorare alcuni particolari, però poi alla fine in campo contano le percezioni dei giocatori. E i giocatori agiscono in base a queste. E’ l’interpretazione di quanto accade che fa la differenza. Per cercare di migliorarli poi c’è l’allenamento, molto situazionale anche questo. Con partite, possessi, gara a squadre contrapposte. Tutte esercitazioni con avversari, palla e compagni. E’ il calcio. E usiamo pure i video”.

Cioè?

“Aiutano nelle correzioni e sono il punto di partenza per alcuni esercizi. A ogni elemento consegniamo una chiavetta con il resoconto della partita, poi sui punti principali ne parliamo collettivamente o individualmente. Inoltre, prima di scendere in campo mostro alla squadra dei filmati per chiarire al meglio le proposte, credo li aiuti”.

Torniamo alla Fiorentina: a palla persa c’è un’immediata uscita in avanti.

“Sì, però bisogna allenare con costanza questo tipo di aggressività. Se non proponi esercitazioni con questo scopo per qualche giorno, i ragazzi la perdono subito. Devi lavorarci sempre. E’ per lo più un aspetto mentale. La prima lettura è quella del giocatore che perde palla: se è vicino come dovrebbe all’avversario, deve cercare di uscire a contrasto. Poi vi sono altre scelte secondo il gioco di chi affronti. Se desideri farlo iniziare da un calciatore prestabilito, ad esempio”.

Una vostra peculiarità è lo sfruttamento delle palle inattive.

“I dati dicono che molti gol avvengono in queste situazioni. A Catania le curava Pino Errera, qui ho Gianni Vio. L’elemento che calcia è determinante. Per gli altri giocatori occorre considerare l’abilità individuale. Le alleniamo due giorni prima della partita, in due occasioni. Nella prima proviamo alcuni movimenti, nella seconda alcune modifiche. E a volte il “non schema” è uno schema”.

In fase di non possesso, invece?

“Volevamo sperimentare la zona, ma per essere efficaci tutta la squadra deve essere convinta. E visto che non prendiamo neanche troppi gol in tali situazioni, stiamo andando avanti con una “mista”. Mi piacerebbe testare anche una soluzione con marcature individualizzate solo su alcuni avversari, tanto i giocatori pericolosi, qelli che possono segnare, ormai si conoscono. Con il resto della squadra a zona. Ma vedremo in futuro”.

Come gestisci il pre-gara?

“C’è molta libertà, ogni giocatore deve vivere la partita a modo suo. Basta che non interferisca coi compagni. Io intervengo solo se la tensione sale o scende troppo. Anche qui in base al carattere dei ragazzi, alcuni devono essere puniti nell’orgoglio, per altri è pericoloso. Nell’intervallo, al contrario, parlo prima con i collaboratori e poi faccio il mio intervento, breve, con la squadra. Dal punto di vista tattico ed emozionale. Alla fine? Grazie e…”

Vai davanti alle televisioni.

“Un’altra partita (Montella ride). Bisogna essere se stessi, sdrammatizzare e tener presente che il messaggio che mandi arriva a tutti: tifosi, società ma anche ai bambini. E deve essere chiaro, se può venir travisato è un rischio”.

MATTEO DOVELLINI