Mario Gomez ritorna in Andalusia. Andalusia? Non era tedesco? Si', ma non solo. Il padre di Mario infatti viene da Albuñán, cittadina di 500 anime distante da Granada come Firenze da Viareggio. Siviglia-Fiorentina sarà dunque una partita speciale anche per il numero 33 viola, chiamato ancora una volta ad essere protagonista. Fiero del suo passaporto tedesco, Gomez non ha dimenticato le sue origini. Anzi. La scorsa estate, in seguito ad una stagione estremamente travagliata per via degli infortuni e alla cocente mancata convocazione per i Mondiali, Mario è tornato alle sue radici. Nella sua testa c'era l'obiettivo di resettare tutto, di eliminare le scorie di un'annata negativa. E' nata così l'idea di andare ad Albuñán a trovare i nonni che non sapevano nulla e che si sono trovati quel marcantonio del nipotone davanti.
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Mario Gomez di padre andaluso
Stasera Gomez gioca nella terra d’origine della sua famiglia. Ci è tornato anche la scorsa estate, è da lì che voleva ripartire…
Quella in corso doveva essere la stagione del suo rilancio ma gli strascichi dell'annata passati ai box e la non totale complicità di una squadra che non esalta le sue caratteristiche non hanno portato Gomez fuori dal tunnel. I suoi estimatori, tra i tifosi della Fiorentina, sono in via di estinzione: qualcuno crede ancora in lui, molti hanno cambiato idea ed altri ancora stanno diventando agnostici sul caso. E pensare che nel paese andaluso di origine i suoi seguaci non mancano. Il sindaco infatti gli vorrebbe intitolare la via dove abita la sua famiglia. Intanto Montella, portandolo ieri in sala stampa, gli ha dato una nuova scossa e un carico di adrenalina dovendo rappresentare la squadra in vista della gara più importante della stagione. Sono lontani i tempi dell'accoglienza al Franchi con oltre 20.000 cuori viola ma la Fiorentina è ancora in corsa per un obiettivo. Voltare pagina si può ancora, per farlo servono i gol. E segnare è un po' come andare in bicicletta: una volta imparato, non ci si può dimenticare come si fa. I vecchietti del nostro calcio Toni, Di Natale e anche Gilardino lo stanno dimostrando.
STEFANO ROSSI
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