Tra l'essere eliminati in modo schiacciante e l'uscire a testa alta, in concreto non cambia niente. Siamo comunque fuori. Ma quando non hai niente da rimproverarti, ti resta almeno l'orgoglio di aver fatto il massimo per cercare "l'impresa". Perchè tale sarebbe stata, visto che la Juve - scoccia parecchio dirlo - è nettamente più forte della Fiorentina, come dimostrano i 27 punti (!) di distacco in classifica in campionato. Eppure la squadra viola ha sfiorato davvero la qualificazione, visto e considerato che dopo 160 dei 180' complessivi, aveva in mano il pass per i Quarti di finale di Europa League. Poi è arrivata quella punizione di Pirlo, la prodezza di un campione, a fare la differenza e ribaltare tutto.
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L’orgoglio e il rimpianto
Con la Juve a fare la differenza è stata la giocata di un campione
L'amarezza è tanta e le recriminazioni sono comprensibili: "se Montella avesse fatto altre scelte", "se Ilicic e Gomez avessero segnato nel primo tempo", "se Pizarro non si fosse infortunato"... Potremmo aggiungerne tante altre. Comprese quelle di tenore opposto "se la Juve avesse chiuso il primo tempo all'andata con 2-3 gol di vantaggio"... Al di là di tutto, però, dal nostro punto di vista c'è da rimproverare poco e nulla alla Fiorentina. Che ha affrontato questa doppia sfida con coraggio e abnegazione, sbagliando anche qualcosa, ma dando l'anima dall'inizio alla fine. E il Franchi lo ha riconosciuto con l'applauso finale, nonostante la sconfitta. Il dato di fatto è che nessuna squadra italiana in questi due anni ha saputo mettere in difficoltà Conte e i suoi giocatori come la Fiorentina, che pure si è presentata al grande appuntamento europeo senza Pepito, con Gomez ancora al 50% e perdendo Pizarro strada facendo. Insomma, a volte nel calcio si può dire "bravi" anche quando si perde. Ma come consolazione funziona poco...
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SIMONE BARGELLINI
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